L’art. 3 della Costituzione della Repubblica Italiana recita così: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Questo principio irrinunciabile, insieme all’articolo 54, secondo comma della nostra Carta costituzionale, nello stabilire che i cittadini chiamati a svolgere funzioni pubbliche devono adempierle “con disciplina ed onore”, impone non solo il rispetto della “legalità formale”, ma anche l’osservanza di ineludibili principi etico-morali, di cui sente urgente bisogno il popolo italiano.

Ebbene, questi sacrosanti fondamenti su cui si basa la nostra democrazia, non hanno trovato e non trovano applicazione ancora oggi in molti settori della vita dei cittadini, soprattutto quella che riguarda i diritti civili della “persona umana”. Una giornata nera è stata il 27 ottobre 2021, quando nell’Aula di Palazzo Madama in Senato, con voto segreto, è stato bloccato il DDL Zan (dal nome del senatore che lo ha proposto: Alessandro Zan). L’Aula si è espressa a favore della cosiddetta “tagliola” che ha fatto saltare l’esame degli articoli e degli emendamenti.

Molto è stato scritto e detto sul DDL in questione, tante falsità e menzogne sono state pronunciate da diversi politici, soprattutto a destra, in particolare Lega e Fratelli d’Italia; invenzioni e bugie ridicole e vergognose, oltre che offensive dell’intelligenza e della dignità dei cittadini. I senatori della destra hanno esultato e urlato come fossero allo stadio o al mercato del pesce, tradendo il già citato secondo comma dell’art. 54 della Costituzione (disciplina e onore); hanno applaudito e gioito volgarmente, a scapito e sulle spalle di tante persone che hanno subito violenze, offese, atti di bullismo, ingiurie e anni di sofferenza sorda e dolorosa. Un’aula parlamentare trasformata in un’arena dove, al posto delle bestie e dei gladiatori, c’erano le storie di vita di molte persone, uomini, donne, transessuali, disabili.

Thomas Bernhard scriveva che “la volgarità è da ogni parte intorno a noi, e ogni giorno, inevitabilmente, soffochiamo nell’imbecillità”. È il rischio che corre il nostro Paese che, con il DDL Zan, avrebbe potuto fare un passo avanti verso la civiltà, per allinearsi alle indicazioni dell’Unione Europea. La maggior parte dei Paesi Ue ha una legislazione che estende i crimini d’odio all’omotransfobia. In undici ordinamenti degli Stati membri, che diventano 20 se si considerano tutti i paesi del Consiglio d’Europa, non solo si puniscono le discriminazioni sull’orientamento sessuale, ma anche sull’identità di genere. Ovvero proprio quel concetto contro cui, in Italia, si battono le destre, i cattolici e una piccola parte delle femministe. Ad averlo inserito nei loro ordinamenti già da tempo sono invece Paesi come Svezia, Francia, Spagna, Portogallo, Irlanda, Belgio e Croazia.

Ma cosa diceva il DDL Zan? Impediva davvero la libertà di espressione? Voleva convincere i bambini, se applicato, a cambiare sesso prima ancora di capire che sesso avessero, come ha detto qualche parlamentare imbecille? No, niente di tutto questo. Il DDL Zan andava a definire, nei suoi articoli, il sesso biologico o anagrafico, il genere, l’orientamento sessuale e l’identità di genere, che, chi ha un minino di conoscenza scientifica, pedagogica e sociologica, conosce benissimo. Cercava di stabilire tutte le misure legali ed educative per prevenire e contrastare tutte le discriminazioni e violenze per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità. Ovviamente, faceva salve la libera espressione di convincimenti od opinioni, nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti.

Il DDL Zan, inoltre, istituiva la Giornata Nazionale contro l’omofobia, le lesbofobia, la bisfobia e la transfobia, attraverso cerimonie, incontri ed iniziative (anche negli istituti scolastici) atti a sensibilizzare i giovani contro la violenza verbale e/o fisica attraverso la conoscenza, cioè la consapevolezza e la comprensione di verità, fatti o informazioni ottenute mediante l’esperienza o l’apprendimento, seguendo l’esempio di quel Dante Alighieri che recitava: “Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”. Il tutto sarebbe stato monitorato attraverso l’Osservatorio per la Sicurezza contro gli Atti Discriminatori (OSCAD), con una rilevazione statistica a cadenza almeno triennale che avrebbe valutato gli esiti del DDL.

Tutto bloccato, purtroppo, con tifo da stadio. Bloccato attraverso la cosiddetta “tagliola”, che da una trappola utilizzata per catturare la selvaggina è diventata una procedura parlamentare per bloccare il Ddl Zan. La tagliola, o “ghigliottina”, se vogliamo utilizzare un termine caro alla Rivoluzione Francese, ha segnato la fine del disegno di legge, bloccando l’iter e rimandando all’anno prossimo la possibilità di avere una legge contro l’omotransfobia. Sì, perché il Ddl in questione non potrà essere ridiscusso prima di sei mesi. I senatori, poco onorevoli, non hanno ascoltato le storie dei ragazzini e delle ragazzine le cui diversità disvelate – nel modo di vestire, di parlare, di manifestarsi al mondo, di abitare la propria identità di genere – diventano target da colpire, da deridere, da ferire. I senatori che hanno applaudito non sanno o fanno finta di non sapere quanto l’omofobia possa scorticare la psiche delicata di un adolescente, quanto possa travolgere, talvolta persino uccidere.

È sfuggito ai signori della destra, ma anche ad alcuni senatori vicini a Matteo Renzi, che la gamma dei crimini d’odio è una inesauribile enciclopedia della miseria umana: dalla misoginia all’abilismo, alla transfobia, alla multiforme paura di ogni tipo di diversità, cioè del fantasma dell’altrui identità. Nichi Vendola, in un suo intervento, afferma che i senatori “hanno azionato la ghigliottina, illudendosi di fermare la storia. Cantano vittoria per puro esorcismo. Perché si sentono comunque perdenti. Sanno che nessuna sconfitta momentanea potrà schiacciare questa insopprimibile domanda di diritti, che è una lotta che danza, danza sulla strada della dignità della persona, di ciascun irripetibile essere umano”.

Sembra assurdo e paradossale, il mondo e la società vanno avanti e il Parlamento arretra e impedisce l’acquisizione del “diritto di avere diritti”, come scriveva in un suo saggio Stefano Rodotà, oltraggiando deliberatamente l’art. 3 della Costituzione repubblicana. E mentre il “senatore” Matteo Salvini riceveva, con tutti gli onori, il dittatore brasiliano Bolsonaro, omofobo dichiarato, a Ferrara, il 31 ottobre 2021, un gruppo di ragazzi della comunità LGBT, tra i dodici e i diciassette anni, subiva un’aggressione omofoba in pieno centro. “Sapete chi è Benito Mussolini? Sapete che vi brucerebbe tutti?”. Così gridava il branco, mentre scagliava petardi e un piccione morto addosso a quei ragazzini. Per i senatori che hanno applaudito a Palazzo Madama, tutto questo è espressione di un libero pensiero oppure un crimine contro l’umanità?

Vincenzo Lalomia -ilmegafono.org