È finalmente arrivato, con tutto il suo carico di disperazione e rabbia, il momento che molti di noi attendevano da tanto, troppo tempo. Per la prima volta in 15 anni, da quell’ormai lontano 1997 (quando con il pacchetto Treu nasceva la “flessibilità” a senso unico del mercato del lavoro italiano), i precari e i giovani disoccupati, sottopagati e sfruttati del nostro Paese scendono in piazza per gridare la loro volontà di cambiamento.

Centinaia di migliaia di persone sono attese nelle piazze di tutta Italia oggi pomeriggio per la manifestazione “Il nostro tempo è adesso, la vita non aspetta”. Centinaia di migliaia di persone stanche di subire la tirannia di una classe dirigente che, nella maggior parte dei casi, non intende rinunciare ai propri privilegi e che, soprattutto, non pensa al futuro dei propri figli, se non per “sistemarli”, mediante parenti, amici o conoscenti, in qualche azienda privata o ufficio pubblico amministrato da chi “deve loro un favore”..

Il tasso di disoccupazione giovanile in Italia ha sfiorato il 30 per cento negli ultimi mesi. Dall’anno scorso ad oggi, nonostante la timida ripresa economica, c’è stato un peggioramento nelle condizioni delle nuove generazioni. E, se i dati e le statistiche pesano come pietre sul nostro futuro, per capire come viva la maggior parte di noi basta solo guardarsi intorno, tra “amici, parenti o conoscenti” appunto.

Basta fare qualche domanda e, nella stragrande maggioranza dei casi, avremo sempre le stesse risposte: “Il lavoro è poco, bisogna accettare qualsiasi cosa, sei già fortunato ad averlo il lavoro, devi tenere duro e aspettare, la crisi passerà”. E il risultato è sempre lo stesso: ragazzi e ragazze e giovani adulti, spesso laureati, costretti ad accettare, in silenzio e senza alcuna tutela sindacale, posizioni mal retribuite, con orari massacranti e contratti a termine destinati a rimanere tali.

Oggi, però, molti di noi possono uscire dall’ombra e far sentire la propria voce: disoccupati, giovani ingegneri, netturbini, giornalisti invisibili, medici, insegnanti, avvocati e operai, precari, archeologi, custodi e tutti coloro che vivono la drammatica condizione del precariato eterno, possono trovare un terreno comune per rivendicare un futuro diverso. Non sappiamo ancora come andrà la manifestazione, ma sicuramente molti di noi potranno tornare a casa con una speranza in più e soprattutto con la certezza che “esiste un movimento trasversale di giovani disposti a rompere il silenzio e a chiedere un Paese migliore”.

Giorgia Lamaro -ilmegafono.org