Era il 2011 quando in Siria scoppiò l’inferno. Sono passati otto anni e ancora oggi non soffiano venti di pace. Martoriata dal regime di Bashar Al-Assad, la Siria è stata ed è scenario di profonde violazioni dei diritti umani e atroci e ineguagliabili violenze a danno di civili. Hasan vive ad Aleppo e ha visto con i suoi occhi la città bruciare sotto la violenza disumana che ha spento la luce dell’umanità. “La città di Aleppo è completamente distrutta, vuota”, ci racconta al telefono. Aleppo era una delle città più belle della Siria, ed è famosa per la produzione di tessuti e saponi, la Cittadella di Aleppo è iscritta al Patrimonio Mondiale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (UNESCO). Aleppo era un grande centro economico della Siria e ha avuto una imponente importanza storica e culturale, ma con lo scoppio della rivoluzione siriana a marzo 2011, la città è stata capovolta.

Hasan, ricordi come tutto questo ebbe inizio?

Nel 2011, le marce pacifiche hanno iniziato a chiedere una riforma del sistema a causa della diffusa corruzione nel governo. Si chiedevano riforme politiche e diritti civili, oltre al rilascio di prigionieri politici, e le proteste si sono rapidamente diffuse in altre città. Il regime e i suoi alleati colpirono le aree controllate dalle brigate dell’opposizione armata. Iniziarono i bombardamenti con vari tipi di armi proibite a livello internazionale, dai missili alle bombe a grappolo fino ai gas tossici, come il fosforo bianco, lasciando – per anni – innumerevoli vittime, in particolare civili. Vaste aree ad est di Aleppo sono ora sotto il controllo siriano e delle milizie alleate russe e iraniane.

Come hai vissuto quel periodo? Cosa facevi?

Stavo seguendo il coordinamento dell’opposizione su Facebook, era ormai il 2012, quando le manifestazioni hanno iniziato a diffondersi. Ne ho fatto parte ma con grande cautela, perché il regime di Assad non ha mostrato pietà per gli oppositori politici e la maggior parte delle volte li ha torturati per estorcere confessioni fino a ucciderli e gettarli nel fiume Quwaik. Ho collaborato con diverse associazioni benefiche e punti di pronto soccorso. Era mio dovere fornire rifornimenti di emergenza e alcuni medicinali dalle aree occidentali di Aleppo, che era controllata dalle forze di Assad. I pericoli erano ovunque per strada, dai cecchini alle enormi possibilità di essere arrestati.

Nel 2012 si susseguirono pesanti attacchi anche dell’aviazione militare contro le aree nelle quali l’opposizione al regime siriano si creava il suo varco. Furono distrutte le principali vie di comunicazioni stradali…

Sì, a causa del taglio della strada principale, il settore occidentale di Aleppo era quasi completamente circondato e le forze di opposizione riuscirono a distruggere la strada alternativa che portava a Damasco, ma nell’ottobre 2013 le forze di Assad e i loro alleati assediarono anche questa zona recuperando forze e terreno. A quel tempo, stavo ancora lavorando per portare attrezzature mediche e medicine nelle aree orientali di Aleppo. Un giorno sono stato arrestato mentre provavo a portare un carico di medicine. Ero in bicicletta. Sono stato preso e portato in uno dei rami di sicurezza delle forze di Assad. Sono stato sottoposto a torture e abusi verbali per un mese intero, fino a quando uno dei miei amici è riuscito a raggiungermi e, pagando un riscatto ai mercenari del regime, ha fatto sì che io potessi fuggire. La mia detenzione da parte delle forze di Assad mi ha causato un grande shock psicologico e ho lasciato l’attività per un po’.

Il 2013 è stato l’anno in cui si è intensificata la carica contro i civili, causando violazioni dei diritti umani.

“Sì, da gennaio, quando fu colpita la storica università di Aleppo dove si contarono centinaia di morti, fino a dicembre: nel 2013 il regime ha ucciso più di 600 persone lanciando bombe a grappolo indiscriminate e proibite a livello internazionale sulle aree orientali di Aleppo. Da qui centinaia di migliaia di famiglie iniziarono a sfollare dalle aree orientali a quelle occidentali, cercando poi riparo in Turchia o nei paesi Europei. Nel bel mezzo dell’inferno credevamo ancora di avere una speranza. Nel gennaio 2015 mia moglie ha dato alla luce la nostra prima figlia, che abbiamo chiamato Nora. Volevo proteggerli dai bombardamenti, ma mia moglie ha sempre voluto rimanere al mio fianco ad Aleppo. Speravo che l’opposizione potesse vincere e sconfiggere il regime di Assad, ripristinare la vita com’era, vincere la rivoluzione siriana e liberare la gente oppressa. Ma nell’ottobre 2015 la Russia ha lanciato il suo primo attacco aereo, aprendo la strada a un lungo percorso di intervento diretto russo al fianco del regime siriano. Tutti i quartieri dell’opposizione, quasi, furono rasi al suolo. Ad Aleppo centinaia di civili vennero uccisi e feriti.

E poi che cosa è successo?

L’opposizione provò a recuperare terreno ma nel luglio 2016 le forze governative circondarono completamente tutta la zona ad est di Aleppo. L’inferno non cessava di bussare alle nostre porte. Nell’agosto 2016 la telefonata di mia madre mi comunicava che mia sorella era morta sotto uno dei bombardamenti con bombe a grappolo da parte dell’aviazione del regime siriano. È morta lasciando orfani tre bambini. Questa notizia mi distrusse. Nei mesi successivi, dopo intensi bombardamenti che avevano colpito molti ospedali e infrastrutture civili, il 18 ottobre la Russia e il governo siriano annunciarono la fine della loro campagna, esortando combattenti e civili dell’opposizione a lasciare Aleppo orientale. L’ultima offensiva dell’opposizione per interrompere l’assedio iniziò il 28 ottobre dalle campagne di Aleppo a ovest della città, ma dopo pochi progressi nei primi due giorni, perse il suo slancio e tutto andò perso. Io mi offrii come volontario all’ospedale chirurgico Al-Sakhour durante l’assedio di Aleppo. Le ambulanze erano in continuo movimento. L’ospedale stava funzionando a pieno regime e il personale medico era esausto a causa dei massacri che si stavano verificando a seguito di pesanti bombardamenti. Le scene erano orribili, impossibili da immaginare. Era il 14 ottobre quando il mio ospedale fu preso di mira con un missile a concussione che cadde direttamente davanti al cancello dell’ospedale. Il missile causò un cratere profondo sette metri

Quali sono state le conseguenze di tutto questo disastro a lungo taciuto?

Il prezzo del cibo è aumentato drasticamente. Alla fine del 2016 gran parte degli ospedali erano inagibili. La Russia si opponeva all’evacuazione di civili che cercavano di fuggire in tutti i modi abbandonando case e terre. L’ultimo convoglio contenente civili fu autorizzato a partire per la città con grande fatica e pressione. Era il 16 dicembre 2016 e Aleppo si svuotava visceralmente di tutto e di tutti quelli che l’avevano tenuta in vita. Il mio inferno non finisce lì. Il 21 giugno di quest’anno ha segnato ulteriormente la mia vita. Quando ho ricevuto la notizia che mio fratello era stato ferito a causa dei bombardamenti dell’aviazione. Mio fratello poi è morto 3 giorni dopo. Questa è la sorte che spetta a tutti i cittadini siriani che si sono rifiutati di partire e hanno deciso di rimanere in Siria con l’obiettivo di aiutare gli altri. Perché questo è il nostro dovere, quello di continuare ad aiutare chi resta a sopravvivere.

Rossella Assanti -ilmegafono.org