Il Paese è reale, cantavano gli Afterhours. Il Paese, però, per molto tempo non ci è apparso affatto reale. O meglio ci ha offerto uno spaccato piuttosto univoco, nel quale la realtà sembrava essere una sola. Episodi di razzismo, crudeltà inaudite nei confronti di migranti o minoranze etniche, un fascismo di ritorno imperante, soffocante, appiccicoso. Violenza del peggior tipo, la narrazione mediatica del fenomeno dei migranti inquinata da continui tentativi di trasformare casi di cronaca in etichetta generale per chiunque provenisse da una certa parte del mondo. La realtà ci parlava principalmente di questo e di un consenso apparentemente inarrestabile per le forze populiste, con l’impressione diffusa che potessero guadagnare terreno ovunque, al punto da diventare maggioranza schiacciante.

Ma il Paese è reale e la realtà non è mai univoca. Così come le nazioni non sono quasi mai una massa indistinta, senza sfumature, differenze, contrapposizioni. Guardando la storia, ci si accorge che ci sono momenti nei quali vi è una parte che urla, agisce, costruisce strategie autoritarie insopportabili, un’altra parte che fa da complice, poi una minoranza che si oppone sempre e un’altra che, invece, vorrebbe opporsi ma non ha il coraggio di farlo. Non apertamente. Quando la crudeltà e l’ignoranza aumentano il tono di voce, quasi sempre è perché qualcun altro tace o risponde con un tono troppo basso. L’Italia è sembrata, e ancora in parte sembra, un paese nelle mani di Salvini e dei neofascisti che da lui ricevono protezione e impunità. Un Paese nel quale non c’è più spazio per il dissenso e nel quale il libero pensiero appare impossibile.

A guardare quel che accade, in effetti, c’è da essere preoccupati, se è vero che la polizia si sta lasciando andare ad azioni allarmanti, sequestrando indebitamente telefoni, identificando persone, facendo rimuovere striscioni che non sono offensivi ed esprimono esclusivamente una opinione. Atti gravissimi che danno ragione a chi, come Roberto Saviano, protesta per l’eccesso di obbedienza delle forze di polizia, o di parte di esse, ai diktat del ministro dell’Interno, che sono politici e non rientrano nell’esercizio delle sue funzioni ministeriali. Ancora più preoccupante è l’assoluta libertà d’agire che viene concessa a gruppuscoli di estremisti, con le forze dell’ordine, ancora loro, capaci per fortuna di scortare chi esercita il diritto sacrosanto di entrare e uscire da casa propria, ma un po’ meno capaci di sgomberare la teppaglia neofascista e liberare lo spazio antistante il palazzo.

Ciò detto, il Paese non è solo questo e finalmente ce ne stiamo accorgendo. Le contestazioni, l’ironia, le manifestazioni, gli striscioni, la civile espressione del dissenso. Chi si permette di parlare a nome di tutti gli italiani deve sapere che non tutti gli italiani la pensano allo stesso modo e che le percentuali di un partito o di un movimento non corrispondono all’interezza di un Paese. La voce dell’Italia che ama e difende la sua Costituzione è una voce pulita che ha finalmente sputato via la timidezza, capendo che non si può più tacere, non si può lasciare il passo a questo orrore. Nemmeno un metro, nemmeno un centimetro, nemmeno un filo di voce. Bisogna contestare, bisogna far sentire a chi si ubriaca di arroganza e potere, giocando a fare il forte per nascondere la propria codardia molle, che non è possibile fare quel che si vuole della nostra democrazia e della nostra Repubblica.

Viene da pensare a quanti hanno creduto che questo sistema si combattesse in silenzio, per paura che andar dietro alle manie e alle smanie di chi ha gettato il Paese nell’odio servisse solo a rafforzarlo. Non era così. Non è mai così. Il silenzio, quando di mezzo ci sono la vita di molti esseri umani e le libertà conquistate in tre quarti di secolo di storia democratica, non è mai utile. Ecco perché è importante continuare a ribattere, a disobbedire, a contestare, in ogni luogo, virtuale o reale che sia. Con fermezza e con ironia, senza avere paura delle reazioni, delle minacce di un goffo ministro che promette ai contestatori di far vedere chi comanda, perdendo le staffe come un bambino un po’ sciocco e un po’ bullo quando si accorge di non far più paura o forse di non averne mai fatta abbastanza. Anche le urne elettorali cominciano a fare acqua, lasciando scolorire il consenso in una evidente emicrania da sbornia. Sbornia di parole, false priorità, nemici che non sono reali ma sono solo paure indotte, fantasmi.

Il Paese è reale. Il Paese è anche quello antirazzista, antifascista, quello che pensa che la priorità sia combattere contro le mafie, la corruzione, la violenza, quello che pensa che il lavoro, l’ambiente, la sanità siano cose serie e che il nemico non sia chi sta peggio o chi sta sul nostro stesso piano, ma chi sta in alto a tenere il Paese con le tasche vuote, dalle quali per di più qualcuno ha fatto sparire anche gli spiccioli. Ammesso che 49 milioni si possano definire mai spiccioli. Il Paese è anche quello che non si arrende e oggi lo fa sentire, lo fa vedere, lo trasforma in azione. L’Italia è anche Mediterranea e la nave Mare Jonio, il suo equipaggio, gente che ha deciso di salvare vite umane che altri vorrebbero nascondere sotto il mare o sotto l’orrore libico.

Non si arrende Mediterranea e non si arrende nemmeno Sea Watch, che con la loro umanità mettono a nudo tutta la sciagurata spietatezza, l’agonizzante disumanità di chi ha la faccia tosta di chiedere la resa e di minacciare azioni istituzionalmente fuorilegge, che peraltro sono già costate una richiesta di autorizzazione a procedere per sequestro di persona e una ulteriore indagine su un caso analogo con possibilità di richiedere una nuova autorizzazione (la questione è apertissima). Il Paese è reale. Ed è finalmente venuto il momento che questa realtà si mostri e diventi sempre più forte e duramente opposta a quella misera, penosa, inquietante e criminale che ha sulla coscienza odio, terrore e il destino tragico di migliaia di persone.

Massimiliano Perna – ilmegafono.org