Il porto di Livorno è diventato a tutti gli effetti “zona rossa” per quanto riguarda la mafia e i traffici di cocaina e di rifiuti ad essa collegati. Ad affermarlo è la Fondazione Antonino Caponnetto di Firenze, guidata dal presidente Salvatore Calleri, che, nel corso della presentazione del report “Livorno e Val di Cornia 2021”, ha voluto far luce su un progressivo aumento dei casi di infiltrazione mafiosa nella provincia toscana. Stando a quanto emerso dal report, ormai da diversi anni il porto di Livorno sarebbe diventato un vero e proprio “snodo internazionale di traffici illeciti” che vede principalmente ‘ndrangheta e camorra dividersi le fette più grosse degli introiti.

Secondo Renato Scalia, ex ispettore della Direzione investigativa antimafia (Dia) e curatore del testo presentato dalla Fondazione, “negli ultimi 10 anni le forze di polizia coordinate dalla magistratura hanno realizzato al porto di Livorno 15 sequestri di cocaina, per un quantitativo complessivo di quasi 7 tonnellate”. Insomma, si tratta di una vera e propria “base logistica” di droga a completa disposizione della criminalità organizzata, sempre più potente e in grado di ampliare il proprio raggio d’azione e la propria ricchezza economica. Fa riflettere come dal mondo della politica non sia mai stata fatta menzione di quanto accada a Livorno e in diversi altri porti d’Italia: “La mafia è fuori dall’agenda politica e mediatica nazionale”, ha affermato il presidente Calleri, e tutto porta a pensare che l’obiettivo reale sia “lasciare il loro contrasto solo a forze dell’ordine e magistratura”.

“Queste organizzazioni – ha aggiunto – hanno un tesoro da 3mila miliardi di euro all’estero e se fossimo in un Paese normale avremmo sguinzagliato i servizi segreti per trovarli”. Invece niente, il silenzio più totale. Un immobilismo completo, triste, frutto di una classe politica ormai attenta quasi esclusivamente ai propri interessi, al voto in più da conquistare, alla fiducia da ottenere per altri 2 mesi. “La mafia sta facendo affari incredibili, ma evidentemente questo argomento non interessa a livello politico”, è il pensiero di Renato Scalia, il quale si dice anche preoccupato per “la forte presenza di organizzazioni criminali italiane e straniere, anche di tipo mafioso, e la collaborazione tra esse”.

Questo, infatti, è uno degli aspetti più importanti su cui bisognerebbe ulteriormente indagare, affinché si possa agire in tempo ed evitare che queste alleanze si espandano in maniera incontrollata. Non di sola droga vive la mafia, però: nei soli primi 6 mesi del 2020, infatti, la magistratura di Livorno è riuscita a sequestrare ben 25 tonnellate di rifiuti tossici pronti per essere imbarcati su una nave per il Senegal, a dimostrazione di come le associazioni mafiose riescano piuttosto facilmente a districarsi tra le maglie della sicurezza del porto livornese.

L’infiltrazione mafiosa è, dunque, parte integrante di questo 2021 che certo non ci aspettavamo poi così roseo. Secondo la Fondazione, tale infiltrazione è adesso concentrata su quella che è stata definita la “mafia sanitaria”, vale a dire tutto il comparto che vede parafarmacie, farmacie e traffico di farmaci illegali. L’auspicio, da parte della Fondazione (e di tutti noi), è che qualcuno, lassù, tra i palazzi del potere, torni davvero a mettere la lotta alle mafie come priorità e torni in campo a difesa degli interessi nazionali e del bene del Paese. Un obiettivo, questo, che può essere raggiunto solo se si combatterà il crimine organizzato in ogni sua forma, a qualsiasi livello ed in ogni contesto.

Giovanni Dato -ilmegafono.org