La scorsa settimana, a Foggia, in occasione dell’evento “Parliamo di (anti)mafia”, si è posto l’accento sulla situazione critica del capoluogo pugliese e dell’intera regione in generale, a dimostrazione del fatto di come in Puglia la mafia si sia evoluta e abbia acquisito sempre più potere. L’iniziativa, ideata e organizzata dalla sottosezione dell’Associazione Nazionale Magistrati, dal presidio di Libera e dall’Università di Foggia, ha avuto luogo all’interno dell’aula magna del Dipartimento di Economia dello stesso ateneo e ha dato spazio a diversi interventi che hanno ben delineato quel che sta accadendo sul territorio, proponendo soluzioni e idee sul contrasto alla criminalità. Tra gli invitati all’evento vi era anche il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho. Lo stesso procuratore è stato parte integrante della giornata di dibattiti, mostrandosi piuttosto preoccupato per quel che riguarda Foggia e i suoi cittadini.

“Cosa immagino nel futuro di Foggia? Che venga scardinata la base più forte della mafia: ovvero omertà e silenzio, che a volte sono sintomo di paura, altre di convenienza e compromesso. Questo territorio – ha aggiunto – è stato sottoposto ad una schiavitù, ha perso i suoi diritti. È come se ci fossero schiavisti, con la frusta, a costringere le persone a fare ciò che viene detto loro”. Il tentativo di De Raho, che con le sue dure parole ha ammesso quanto sia lunga la strada verso la normalità e la legalità, è sicuramente quello di scuotere e, in un certo senso, risvegliare quella parte che per paura o per diffidenza non vuole collaborare con la giustizia.

In un certo senso, è proprio questa la fetta di popolazione che può effettivamente dare il via a quel cambiamento virtuoso che un territorio come quello foggiano avrebbe urgenza di realizzare. “Forze di polizia e magistratura – ha continuato De Raho – sono pronte ad intervenire, ma bisogna che Foggia si risvegli. Il nostro lavoro è più difficile nei territori in cui il verbo mafioso è infiltrato nel tessuto economico, e la mafia foggiana ha avuto proprio questo percorso: si è prima imposta con la violenza e la ferocia, per assoggettare il territorio; poi si è infiltrata. Questo è l’aspetto più grave”. Altro elemento di identica gravità è sicuramente il problema legato allo scioglimento di ben 5 comuni nell’hinterland foggiano, tutti per mafia. “Foggia deve essere recuperata – ha concluso il procuratore – la politica dovrebbe proteggere il territorio: essere sindaco non è un dovere, ma l’assumersi una grande responsabilità, quella di difendere i cittadini”.

Il problema mafia a Foggia, comunque, non è sicuramente cosa recente. Già lo scorso mese, nella relazione pubblicata dalla DIA, era emerso come la criminalità organizzata foggiana avesse “ricalcato il percorso evolutivo della ‘ndrangheta”. I clan foggiani, infatti, “si sarebbero mostrati capaci di stare al passo con la modernità, pronti a cogliere e sfruttare le nuove occasioni criminali offerte dalla globalizzazione”. Il tutto con l’aggravante di un vero e proprio “spregiudicato affarismo criminale, tutto sbrigativamente risolto col sangue”.

Lo sanno bene gli imprenditori del posto. Lo sanno bene i cittadini, che poco o niente possono fare (laddove lo vogliano). E lo sanno bene “le famiglie dei malcapitati testimoni della strage di Apricena, trucidati per aver visto ciò che non dovevano vedere”, come ha affermato e ricordato Giuseppe Gatti, sostituto procuratore presso la Direzione nazionale antimafia.

È stato don Luigi Ciotti, presidente di Libera,, a chiudere l’evento con queste parole: “Dobbiamo raccogliere i semi di speranza, da riconoscere e incoraggiare. Dobbiamo reagire e sanare le mancanze e i ritardi toccati con mano. Dobbiamo inondare tutte le realtà di semi di fiducia e speranza, dobbiamo essere immuni dai virus ma mai dalle responsabilità”. Il sacerdote ha poi lanciato un accorato appello ai foggiani e non solo: “Trasformiamo Foggia in un laboratorio di libertà. La strada è molto lunga, ma non esiste che un solo mezzo: proseguire il cammino insieme”. Insieme significa Stato, parte sana della popolazione, delle istituzioni e di chiunque abbia il potere di fare qualcosa per cambiare il corso delle cose in un territorio sempre più devastato dalla violenza mafiosa.

Giovanni Dato -ilmegafono.org