Cosa hanno in comune un ponte dei primissimi anni dell’‘800, uno della fine dell’‘800 e un altro della metà degli anni ‘60? Sono stati tutti e tre vittime di incuria. Non fa ridere, vero? Perché non è una barzelletta. Sempre più spesso, negli ultimi anni, assistiamo impotenti a danni più o meno lievi, che a volte diventano veri e propri crolli, di quella che è una parte fondamentale del patrimonio urbano. Sì, potrà suonare strano, ma esiste il patrimonio urbano. Quando parliamo di “patrimonio”, spesso si pensa agli antichi monumenti, alle chiese gotiche o barocche, ai resti archeologici e a tutto ciò che si conserva nei musei. Ma c’è una larga parte di patrimonio che magari viene ancora utilizzato per il suo scopo primo, ma che un domani le nuove generazioni potranno trovare importante da preservare. Ed è nostro compito tutelarlo.

Il Ponte Morandi di Genova, il più giovane, fu il primo a cedere in ordine cronologico recente. Una tragedia senza precedenti, nella quale persero la vita 43 persone. Una tragedia che si poteva evitare in tanti modi, ma uno più di tutti: manutenzione preventiva. Invece si è preferito fare – letteralmente – “carte false” pur di arricchire le casse della società.

Il Ponte di Ferro di Roma, il mediano, è andato in fumo pochi giorni fa. E non fu nemmeno il primo incendio a coinvolgerlo. Il 1° febbraio del 2013, un altro incendio, partito da alcune baracche situate sotto il ponte, provocò danni ai cavi dell’alta tensione a causa dei quali il collegamento rimase interrotto a lungo provocando molti disagi. La notte del 2 ottobre 2021, nonostante fosse palese da anni la situazione di disagio che spinge una fetta di persone a vivere in baracche improvvisate nel lungotevere  e dopo 8 anni dal primo episodio dopo cui non è stato fatto nulla, l’incendio (accidentale o doloso che sia) è ricapitato. E questa volta ha intaccato tutta la struttura del ponte facendo crollare una delle passerelle.

Infine, al 28° posto nella classifica de “i Ponti più belli d’Italia”, abbiamo il Ponte Umbertino di Siracusa, il più anziano del nostro breve elenco, che qualche settimana fa ha subito degli ingenti danni ad uno dei cornicioni dei pilastri a causa di una bomba d’acqua abbattutasi sulla città. Ma oltre il danno, la beffa. Infatti, a pioggia scampata, i volontari della protezione civile hanno tempestivamente chiamato i servizi di emergenza per la messa in sicurezza dell’area. Così è arrivata una gru. Ma non una gru provvista dell’attrezzatura adeguata per svolgere questo tipo di interventi. Una semplicissima gru da rimozione auto. Risultato? Nel tentativo di staccare il pezzo di cornicione pericolante, quest’ultimo crolla rovinosamente causando ulteriori danni alla balaustra della passerella.

Quando testate online e privati cittadini hanno iniziato ad inondare i social di denuncia del crollo molto prima che avvenisse lo sciagurato intervento, l’Egregio Sovrintendente dei Beni Culturali di Siracusa si è premurato di dire agli organi di stampa e ai cittadini sconvolti per l’accaduto che “a lui non lo aveva chiamato nessuno, quindi non poteva saperlo”. La situazione critica in cui riversano ponti, strade, palazzi, tutto il patrimonio urbano più o meno recente, da nord a sud del nostro “Bel Paese”, sommata all’incuria dei cittadini, delle società (che sono fatte di cittadini) e delle amministrazioni (anch’esse composte da cittadini), alla continua de-responsabilizzazione degli organi di competenza e, infine, ai cataclismi naturali che a causa del cambiamento climatico si abbatteranno con frequenza sempre maggiore, rischia seriamente di cancellarci dalla storia.

L’epoca del progresso, dello sviluppo, della globalizzazione, del capitalismo, delle multinazionali, di internet, scomparirà anch’essa. Se non si dà una reale svolta nella manutenzione delle costruzioni urbane e, specialmente, nella loro realizzazione, è sempre più probabile che, o per cause umane o per cause naturali, le tracce del nostro passaggio vengano cancellate per sempre.

Il “Climate Clock” installato a Roma nel giorno precedente alla manifestazione FFF! ci ricorda inesorabilmente che ci rimangono appena 6 anni al punto di non ritorno. Eppure si sente ancora lo slogan “non esiste un Pianeta B”, senza capire che la Terra rimane lì dov’è. Saremo noi a passare. E tutto quello che abbiamo fatto, che abbiamo costruito, che abbiamo creato, dalle Piramidi ai grattacieli, dalle linee di alta velocità ai primi acquedotti, dalla realtà virtuale alle pitture rupestri, dalle lastre incise ai monitor, tutto verrà spazzato via dalla storia. “Noi siamo quel che facciamo” ma, a quanto pare, questo progresso lo abbiamo fatto male.

Sarah Campisi -ilmegafono.org