Qualche giorno fa, una notizia clamorosa ha scosso l’opinione pubblica siciliana e nazionale: secondo il Tribunale di Trapani, la Regione Sicilia avrebbe falsificato i dati legati ai contagi da Covid-19. Una notizia, questa, esplosa nel bel mezzo di una pandemia che si sta dimostrando difficile da contenere e che rischia di creare danni irreparabili e non quantificabili sotto tanti aspetti, a cominciare dalla salute e dalla sicurezza dei cittadini siciliani.  Martedì scorso, i Carabinieri del comando provinciale di Trapani, in collaborazione con i Nas, hanno notificato tre provvedimenti di arresti domiciliari nei confronti di tre persone: Maria Letizia Di Liberti, dirigente generale del Dipartimento Regionale per le Attività Sanitarie e Osservatorio Epidemiologico (Dasoe); Salvatore Cusumano, funzionario della Regione, ed Emilio Madonia, dipendente di una società terza incaricata di sistemi informatici.

Per tutti e tre l’accusa è di falso materiale ed ideologico. Nell’inchiesta spunta anche il nome dell’assessore regionale alla Sanità, Ruggero Razza, che risulta indagato e che si è dimesso in seguito alla notizia. Il presidente della Regione, Nello Musumeci, invece, sarebbe all’oscuro dei fatti e, come scritto dal gip, sarebbe stato “tratto in inganno dalle false informazioni” che gli sarebbero state riferite. Il tutto sarebbe partito quasi per caso da un’altra inchiesta effettuata dal Tribunale di Trapani nei confronti di un laboratorio di Alcamo (TP) già qualche mese fa; nello specifico, gli inquirenti avrebbero indagato su alcuni tamponi eseguiti dal laboratorio, reo di aver rilasciato esiti errati (negativi anziché positivi). Nel giro di qualche settimana, l’inchiesta si sarebbe poi allargata all’assessorato regionale alla Sanità e ciò avrebbe permesso agli inquirenti, grazie a diverse intercettazioni, di risalire alle conversazioni incriminate.

Da novembre ad oggi, infatti, nelle stanze dei vertici dell’assessorato si sarebbe fatto il possibile per “spalmare” il numero dei contagiati e dei deceduti su più giorni, così da evitare ulteriori chiusure e lo slittamento della Sicilia dalla zona arancione alla zona rossa. Per quale motivo si sarebbe messa in atto una messinscena simile? Cosa avrebbe spinto qualcuno a falsificare i dati dei contagi? Secondo il gip, “si è cercato di dare un’immagine della tenuta e dell’efficienza del servizio sanitario regionale e della classe politica che amministra migliore di quella reale, con tutto quel che concerne in termini di consenso elettorale per chi amministra”.

Possibile che ci siano soltanto meri scopi elettorali dietro tutto ciò? Che si possa davvero mettere il calcolo elettorale davanti alla salute pubblica? Di questo dovranno rispondere gli indagati e proprio da qui dovrà partire la magistratura siciliana, alla quale spetta un lavoro impegnativo dentro un’inchiesta che si intravede già lunga e tortuosa. Ad oggi, infatti, non abbiamo dati chiari e prove evidenti che tutto ciò sia avvenuto in maniera delittuosa e illegale ed è importante ribadire massima fiducia nel lavoro svolto dagli inquirenti, così come è giusto, fino a una eventuale condanna, non dimenticare la presunzione di innocenza degli indagati, che avranno il diritto di difendere le proprie posizioni e il proprio operato.

Quel che però è certo, al netto di eventuali reati, è l’aspetto politico di una gestione dei dati Covid che è stata affidata alla politica e che, non solo in questa regione, ha sollevato dubbi e sospetti a più riprese. I passaggi da arancione a giallo, da rosso ad arancione, le colorazioni di alcune regioni hanno spesso provocato rumore e incredulità. Se questa vicenda fosse confermata dalla magistratura e se fosse confermato che il presidente della Regione sia stato ingannato e mal informato, rimane sospeso un altro punto, sempre politico e non giudiziario:  un presidente di Regione, peraltro un uomo di lunga esperienza amministrativa, in un momento drammatico come una pandemia, durante il quale altri governatori si sono fatti notare per decisionismo e protagonismo nella gestione della situazione sanitaria, come può non essere a conoscenza diretta dei dati? Come può farsi ingannare con tale facilità? Le dimissioni dell’assessore sono un atto dovuto, certo, ma anche sulla adeguatezza di chi governa la Regione con tale ingenuità ci sarebbe da discutere, magari chiedendo un passo indietro. Perché la salute pubblica non è roba da poco, non ammette distrazioni simili.

Giovanni Dato -ilmegafono.org