Che cosa siamo diventati? Artificieri, sherpa per dispersi, piloti di Canadair, speleologi specializzati in salvataggi, pompieri. Col risultato che la vocazione basata sulla diffusione delle informazioni si accartoccia su sé stessa, si accorcia all’ombra lunga del disgusto di fronte alla necessità di smontare, smentire, smembrare e rimettere insieme in forma corretta. Perché l’avvento del populismo ha nutrito una classe politica senza scrupoli, cosciente del fatto che un allarme non bisogna lanciarlo per dare una notizia, ma basta lasciarlo intuire, farlo annusare, perché a spingere il pulsante rosso ci penserà chi non ha responsabilità. Il caso di Bibbiano di questi giorni è emblematico, con la notizia che vira dalla Cronaca agli Interni. Ed è totalmente assurdo.

Da giornalisti siamo costretti a imbastire pezzi per smentire, per spogliare le notizie dalle bugie; siamo costretti a passare al setaccio i fatti cercando poi di raccontare la cronaca come cronaca, la politica come politica, il gossip come gossip. Ma è sempre più difficile. Viene tutto mescolato. È assurdo dover fare, ogni due per tre, un resume di dichiarazioni politiche impolverate – ma in certi casi neanche tropo datate – per cercare di mettere in guardia i lettori dalla realtà dei fatti, mostrando le vere linee di pensiero dei politici che navigano a vista, in una campagna elettorale perenne. Il ruolo da cani da guardia, il fascino dell’avamposto leggendario alla Washington Post, si sta dissolvendo.

È un luogo comune, sì, quello del politico che cerca di accontentare gli elettori con dichiarazioni compiacenti, ma negli ultimi anni questa condizione è degenerata. L’avvento dei 5 stelle ha fatto esplodere la rabbia contro questo andazzo, offrendo poi a molti l’illusione della rottura delle catene, ma ha in realtà peggiorato le cose: Tav, Tap, Ilva, legge elettorale, banche, autostrade, euro sono lampanti dimostrazioni di mistificazioni della realtà. Immagini eclatanti, come quelle di Di Maio ridotto al silenzio a Taranto, dimostrano che quella del Movimento non era la strada giusta per aggredire quel luogo comune. Era solo una strada parallela.

È disarmante, per i giornalisti, dover assistere a conferenze stampa imbastite dagli enti pubblici non per informare, ma per smentire informazioni distorte. Accade sempre più frequentemente. È inaccettabile lo spreco di forze e tempo dovuto alla necessità di dimostrare come stanno realmente le cose. Si perde tempo, si è perso tempo. Avremmo potuto dire altro, fare altro. Avremmo potuto investire il tempo nel formarci su argomenti importanti, per migliorare l’ambiente, per combattere il malaffare, per dimostrare quanto utile sia la formazione offrendo ai lettori risultati, obiettivi raggiunti.

Da giornalisti, avremmo potuto raccontare storie e non lo abbiamo fatto.

Ci stiamo perdendo in mezzo al nulla, ci affatichiamo in bracciate sempre più estenuanti per rimanere a galla, ma non vediamo un approdo, spinto ogni giorno più lontano. Viene da chiedere che fine faremo, viene da chiedere quale sia la soluzione, viene da chiedere di fermarci. Ma non possiamo. Dobbiamo parlare di Bibbiano adesso, dimostrare che questa è cronaca che cammina sulla politica, mentre il caso dei rapporti con la Russia della Lega è politica che cammina sulla cronaca, e dobbiamo fare in modo che i politici non mescolino le due cose e non ci usino per nascondere i fatti.

Da giornalisti, avremmo potuto raccontare storie, ma dobbiamo spegnere incendi.

Seba Ambra -ilmegafono.org