Dopo la riduzione del numero dei parlamentari, attendiamo che sugli alberi crescano le banconote, che il surriscaldamento globale si interrompa, che le diseguaglianze sociali si annullino (la povertà è già stata abolita per decreto, ndr) e che il debito dello Stato si azzeri. Nel frattempo registriamo il trionfale successo del PD di Zingaretti, che perde le Marche, vince (addirittura) in Toscana con un colpo di reni e un sospiro di sollievo, stravince con i caudillos De Luca ed Emiliano in Campania e Puglia. Tira un sospiro di sollievo il Segretario, ormai più simile a un equilibrista che a un politico, impegnato a compattare il terreno sotto i piedi di Conte e a garantire la permanenza del PD nei ministeri più che a dettare una linea di governo.

Ormai 12 mesi tra le file della maggioranza, 6 mesi dei quali, è bene ricordarlo, “covidfree”, e al momento i successi – tranne che elettorali – sono solo del M5S. Osserva bene in un tweet di questi giorni il giornalista Iacoboni della Stampa: “Taglio del parlamento, fatto; reddito di cittadinanza, fatto; politiche anti-Ong e anti-immigrati, fatto; riforme giustizialiste, fatto; spostamento verso Russia e Cina, fatto. Il Movimento di Casaleggio ha dominato e imposto l’agenda politica di quest anni”.

Vi è ben poco da aggiungere a questa lettura e molto di cui rammaricarsi. Dopo l’antiberlusconismo, i tanti voti utili, una breve parentesi di slancio con il primo Renzi, il PD vivacchia dopo aver abbandonato da tempo, a parte qualche slancio locale, ogni coraggio di iniziativa. Si sopravvive, al governo, con equilibrismi politici, su uno zoccolo durissimo di irriducibili. Elettori che pur di non votare a destra potrebbero pure accettare di sostenere un partito che governa con il premier dei decreti Salvini e delle vergognose vicende Diciotti e Gregoretti, e addirittura con il Movimento delle campagne vergognose di Bibbiano. In questa ottica è da leggere il successo, se così vogliamo chiamarlo, toscano, dove semplicemente si conferma il centrosinistra con il 48% (esattamente come Rossi 5 anni prima e ben 12 punti sotto il 60% con cui lo stesso Rossi vinceva nel 2010) e dove il centrodestra sale compatto al 40% e per la prima volta è parso in grado di insediare il feudo rosso.

C’è quindi poco da festeggiare, a parte la sussistenza, soprattutto se non si vede alcuno spiraglio davanti. La leadership è ormai asservita ai ricatti politici del Movimento 5 Stelle che, mentre perde consensi, di fatto assoggetta il PD determinandone, giusto per dirne una, un cambio di direzione sulla riduzione del numero dei parlamentari a dir poco imbarazzante. Non si vede infatti altra spiegazione, se non la pure merce di scambio, al capovolgimento di linea che ha portato a votare prima No e poi Sì.

E forse ancora più imbarazzante è vedere il segretario di un partito trattare con il legale rappresentante di una Srl, fuori da qualsiasi consuetudine democratica, oppure il presidente del Parlamento Europeo (rileggete con calma, ndr) invitare Grillo a relazionare sulla sua idea di democrazia diretta che supera il parlamento. Se non fosse tragico sarebbe una farsa. Le vicende di questo singolo partito potrebbero essere serenamente relegate alle pagine di gossip se non fosse che un intero popolo di democratici di sinistra è rimasto senza punti di riferimento, prigioniero assoluto delle logiche di autoperpetuazione di una classe dirigente politica meno credibile di quegli avversari che hanno sempre utilizzato come ricatto morale per elemosinare un voto.

Ricatto che si sta ripetendo agitando Salvini come spauracchio del male assoluto, mentre si tengono ancora attivi i decreti e gli accordi con la Libia per via dei quali si dipingeva come un mostro. Ben meno coraggio sull’economia dove ormai, tra quota 100 e reddito di cittadinanza, si prosegue nella miope politica della mancia, come nella migliore tradizione della Prima Repubblica. Un caro augurio a tutti.

Penna Bianca -ilmegafono.org