Santpedor, una piccola cittadina a 75 km da Barcellona, ci offre un esempio di buona architettura. Quest’antico villaggio, oltre alla sua chiesa gotica, conserva il complesso di origini medievali dedicato a San Francesco d’Assisi che, nel 1835, fu saccheggiato e abbandonato trasformandosi ben presto in un rudere. Nel 2000 il convento che ne faceva parte fu demolito. La sua chiesa è stata invece risparmiata e riconvertita in centro culturale attraverso un intervento, a nostro avviso eccellente, eseguito in due fasi, dal 2005 al 2011. Dopo aver consolidato il rudere, l’architetto David Closes è intervenuto sulla struttura persistente innestando nuovi corpi architettonici che creano una nuova unità potenziale.

Il rudere, testimonianza storica di cui si conserva abitualmente lo status quo, è al centro del dibattito sul restauro sin dall’origine della disciplina e trova qui una giustificazione logica alla sua trasformazione. Oltre al mantenimento dei resti ruderali di un’architettura come testimonianza storica di quest’ultima, è possibile infatti risvegliare la funzionalità di una tale architettura attraverso interventi che ne conservino la struttura preesistente come testimonianza storica e che si distacchino stilisticamente dalla stessa. 

Con una spesa di 1,6 milioni di euro l’architetto Closes ha convertito questo monumento in un centro culturale con auditoriu e ha restituito alla città uno spazio ormai dimenticato. Questa composizione d’antico e moderno, di vetro, metallo e pietra, ci insegna che c’è un modo giusto per riconvertire questo tipo di spazi ruderali in architetture “vive” e restituirle alla popolazione nel rispetto della storia del monumento e della città stessa. È necessaria una forte tendenza a guardare al futuro, all’evoluzione dell’architettura e al suo utilizzo, rendendola “fruttuosa” per l’economia del paese. Lungimiranza.

Angelo De Grande -ilmegafono.org