Desta scalpore l′esposto presentato dalla Dda di Roma nel corso di un′audizione svoltasi nella Capitale martedì scorso sulla sicurezza della regione Lazio. A presiedere l′incontro c′era Filiberto Zaratti, presidente della commissione regionale sicurezza, che ha accolto con grande preoccupazione i dati pubblicati da Diana De Martino, sostituto procuratore nazionale antimafia, a proposito dell′eccessiva presenza della criminalità organizzata sul suolo romano. Ciò che preoccupa maggiormente, inoltre, è il fatto che Roma sarebbe il punto d′incontro non solo delle mafie italiane, bensì di quelle proveniente da tutto il mondo (nigeriana, albanese, sudamericana ecc). Secondo la De Martino, “Roma è il centro degli interessi economici, un mercato ideale per investire i capitali illeciti per il semplice motivo che c′è posto per tutti, ovvero non esiste interesse da parte dei diversi clan a contendersi il territorio”. Ed ecco che le cosche riescono a penetrare in ogni settore della società romana: dagli appalti alla prostituzione, dallo spaccio di droga alla gestione di attività commerciali e turistiche.

“Il riciclaggio”, ha continuato il sostituto procuratore, “non avviene più attraverso i soliti canali, ma grazie sia ad appalti pubblici sia ad imprenditori collusi che reinvestono i capitali illeciti” nel mondo del commercio e dell′edilizia. L′esposto della Dda, quindi, è la dimostrazione evidente di un processo e di un′evoluzione della criminalità organizzata già da tempo nota nel nostro Paese. La mafia, infatti, sembra ormai aver assimilato quello che è un nuovo modus operandi, fruttuoso e ancor più pericoloso: l′imprenditoria, insomma, è la fonte più conveniente e sostanziosa di denaro in confronto ad antiche “tradizioni” come le estorsioni, la richiesta di pizzo, ecc. Ed ovviamente tutto ciò non può che allettare anche le mafie straniere, che vedono in Roma il centro ideale in cui organizzarsi e gestire i propri proventi, data una situazione più che tranquilla, senza dover ricorrere alla violenza o a gesti eclatanti.

Tuttavia, nell′inchiesta della Dda è possibile notare anche che dal gennaio 2011 ad oggi i procedimenti aperti sono stati ben 274, mentre sono state emesse 7 ordinanze di custodia cautelare per reati di associazione a delinquere di stampo mafioso e 74 per reati di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti (in questo settore sono molto potenti la mafia nigeriana e quella sudamericana). Inoltre, come affermato da Filiberto Zaratti (Sel), presidente della commissione regionale sulla sicurezza, “ i 20 episodi criminali”, tra cui casi di gambizzazioni, omicidi, incendi dolosi, “accaduti a Roma negli ultimi due mesi sono fatti che denotano l′escalation di una malavita organizzata italiana e straniera in crescita preoccupante”, ed il “modello” (ovviamente negativo) del caso Lombardia, in cui la ′ndrangheta si è affermata sempre più nel territorio, dovrebbe servire da lezione per i politici laziali e le istituzioni regionali.

Di diverso avviso è il coordinatore della Dda di Roma e del Lazio, Giancarlo Capaldo, che assicura che non vi è “nessun allarme”, bensì soltanto “un grande controllo ed una attenzione costanti nei confronti della criminalità organizzata da parte della magistratura e delle forze dell′ordine”. Anche il prefetto romano, Giuseppe Pecoraro, è dell′idea che “le organizzazioni criminali non controllano il territorio della capitale”. Certo, in un mondo in cui la criminalità organizzata si è sempre più infiltrata all′interno della società, persino in quegli strati più “in”, come l′economia e la finanza, appare sempre più alta la probabilità di trovare una soluzione che destabilizzi una situazione così preoccupante.

L′impegno delle forze dell’ordine e della giustizia italiana, a questo punto, appare come unica speranza per tutti quei cittadini che chiedono di essere protetti e liberati dalla morsa criminale della mafia, dato che la politica sembra aver fallito questo impegno già da troppo tempo. Lo stesso Zaratti, al termine dell′audizione, ha affermato di aver predisposto “un lavoro sulla normativa regionale relativa agli appalti pubblici per garantire così la massima trasparenza degli stessi e prevenire le infiltrazioni mafiose”. È una lotta difficile, questo è chiaro, ma è ancora troppo presto per dire chi l′avrà vinta.

Giovambattista Dato -ilmegafono.org