Terra dei fuochi, sulle bocche e negli occhi di tutti, ma, a quanto pare, ancora molto lontana dalla mente di tante, forse troppe persone. È sconcertate constatare che il silenzio ingiurioso delle istituzioni sia colmato da esternazioni ancor più deleterie e umilianti per una terra e, soprattutto, per un popolo che non conoscono pace. Sembra che i cittadini di Napoli, Caserta e della Campania tutta vadano in giro con una freccia perennemente puntata addosso, insieme al famoso dito inquisitore, scatenando solo uno sciame di inutili e sterili polemiche, vuote come i provvedimenti che ogni tanto saltano fuori, potenti nella loro vacuità.

Mentre i vari Balduzzi e Lorenzin, ministri buttati nel marasma politico degli ultimi anni, deplorano le cattive abitudini e gli stili di vita dominati dalla pizza e dal mandolino, nel triangolo della morte si moltiplicano le “malattie”, i tumori, patologie collocate sotto la stessa nomenclatura ma che si diversificano spaventosamente su tutto il corpo. L’esasperazione di Don Maurizio Patriciello, il prete che con le sue “cartoline” ha commosso l’Italia, non può essere insabbiata, perché celebrare decine di funerali al mese non è una mera contingenza.

Il dato di fatto è che in Campania si muore. Ogni giorno, sotto gli occhi dell’intero Paese che assiste a un massacro silenzioso e trasparente, annerito dal fumo dei roghi tossici che quotidianamente rendono irrespirabile l’aria di Giugliano e dintorni. Il famoso servizio de “Le Iene”, nel quale l’inviata Nadia Toffa si aggira con evidente sorpresa e sconcerto tra i campi coltivati a pochi metri dalle discariche “speciali”, ha gettato luce su qualcosa che divampa da anni.

L’attenzione dei media, che siano la televisione o i social network, è una cassa di risonanza per diffondere la questione al di là dei confini regionali, anche in quelle città che si rendono responsabili del massacro consumato nel Sud della Penisola. Se alcune voci poco credibili si ostinano ad asserire che “si sono ammazzati da soli e fanno le vittime”, vuol dire che, ancora una volta il problema è alla radice, una radice ancor più insana dei terreni contaminati.

Oltre ai suoli contaminati di quella che un tempo era la Campania Felix, esiste un’intera regione falcidiata dall’incuria. Il Triangolo della morte, la zona compresa tra Acerra, Nola e Marigliano, ha ceduto il passo a un poligono sempre più multiforme e ampio. Non solo la provincia Nord, ma anche i quartieri periferici, i comuni limitrofi che chiudono nella morsa la metropoli del Sud Italia, la città sotterranea popolata da rifiuti sparsi nelle cavità e nelle catacombe non ancora scoperte.

Non esistono luoghi vergini in Campania. Persino le apparenti isole felici del beneventano conoscono il dramma dell’emergenza. Sant’Arcangelo Trimonte, ad esempio, è uno di quegli ormai ex loci amoeni nei quali, gettando uno sguardo al di là della siepe, si scorge il disastro. Ci dicono che viviamo male, che fumiamo, che banchettiamo e per questo ci ammaliamo. Ma in fondo, da burocrati senza le giuste competenze, ce lo aspettiamo. Ed è forse questo l’aspetto più preoccupante dell’intera faccenda.

Laura Olivazzi -ilmegafono.org