Un altro anno finisce e la situazione peggiora. È vero che ci sono, fortunatamente, realtà virtuose come la Toscana, che, in un modo o in un altro, riescono a fare del turismo e dell’arte un indotto economico importante e che progettano di incrementarlo prendendo esempio da realtà europee più “evolute”, come nel caso dei castelli della Lunigiana, che si ispirano a ciò che è stato fatto nella Loira più di venti anni fa (la creazione di un network di castelli che accolgano il visitatore e lo rendano parte attiva di un percorso culturale di cui si sottolinei l’unicità). Sempre in Toscana, a Pietrasanta, qualcosa si muove. Il progetto del Museo della Scultura di Pietrasanta cerca di soddisfare una “richiesta di conoscenza” del visitatore, digiuno di scultura e di tecniche artistiche, creando un’offerta culturale presente sia su piattaforma digitale che in una struttura fisica concreta, un museo.
All’estero poi l’arte italiana è un vanto e attira un bacino d’utenza enorme, ci si riferisce ad esempio al Louvre dove la maggior parte delle mostre dell’anno che sta finendo hanno parlato d’Italia, di italiani e di Rinascimento, passando in rassegna la nostra arte da Giotto a Michelangelo Pistoletto. Un Festival per sensibilizzare la popolazione al mondo dell’arte si svolge tutti gli anni a Fontainebleau, antica residenza del re di Francia, con eventi di ogni genere che mirano ad avvicinare i non addetti ai lavori a questo mondo e a vendere libri che altrimenti resterebbero per anni sugli scaffali polverosi delle librerie. Piccole iniziative che attirano un bacino d’utenza importante di cui fanno parte soprattutto i cittadini, interessati all’evolvere della conoscenza che riguarda il proprio patrimonio e il territorio in cui vivono.
In Italia, invece, le mostre che offriamo sono organizzate col minimo sforzo. Si parla di grandi esposizioni rispetto a cui vantiamo entrate da record, come quella su Modigliani e gli artisti di Montparnasse passata da Milano a Roma durante questo 2013 e che è stata in realtà già vista alla Pinacoteque di Parigi nel 2012. Una mostra “di seconda mano”, anzi terza a Roma, curata da Marc Restellini, direttore della Pinacoteque, che non aiuta sicuramente l’Italia a rialzarsi dal letto di morte in cui sta agonizzando.
Per non parlare del nostro patrimonio. I beni culturali son divenuti sempre di più strumenti usati dalle amministrazioni comunali per far profitto, affittandoli o vendendoli al privato di turno e son sempre più “chiusi” al contribuente; non lo chiamerei neanche più cittadino o fruitore, infatti, ma contribuente nel senso stretto della termine, ossia colui che contribuisce democraticamente alla crescita del paese di cui fa parte, pagando una quota, sotto forma di tasse, allo Stato che dovrebbe gestire per lui, e per gli altri come lui, le sue ricchezze.
Dico dovrebbe perché questo non accade più da anni, o forse non è mai accaduto. Nessuno si è mai preso veramente cura del cittadino, anzi si cerca di renderlo sempre più ignorante e distaccato dalle tradizioni: globalizzato e stupido. Il perfetto spendaccione senza cultura. È stato deciso che insegnare storia dell’arte ai nostri figli è inutile, che è meglio produrre stupidi ignoranti, ma gestibili, piuttosto che persone colte e consapevoli di se stesse e dell’ambiente che abitano.
Hanno deciso di ignorare la costituzione che all’articolo 9 riporta: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio…”. “Promuove lo sviluppo”, non il contrario! Tutela, non svende!
Personalmente non so più che dire, con chi prendermela a chi chiedere, a che santo votarmi. Nessuno pretende ciò che merita: rispetto. Rispetto perché tutto ciò che ci circonda appartiene prima a noi e poi alle generazioni future e bisogna consegnarlo a loro come ci è stato tramandato dai nostri antenati. Questa è la più grande ricchezza che abbiamo e dobbiamo difenderla come faremmo con la nostra casa. Abbiamo il dovere di impedire quest triste tendenza all’alienazione che non risolve nulla ma gratta solo il fondo del barile, ormai secco da tempo immemore.
Solo quando è toccato nel vivo, nei soldi, il cittadino si sente chiamato in causa, e allora è bene che il cittadino sappia che bisogna aprire gli occhi perché tra poco non avrà più niente, a parte un mucchio di sabbia. La sua casa, la sua auto non serviranno a nulla, perché abiterà in un paese che non gli apparterrà più. Bisogna aprire gli occhi, amare e rispettare ciò che gli altri ci invidiano in tutto il mondo, diventare strumento di diffusione e valorizzazione, studiare, sognare e far sognare i propri figli sulle antiche storie e leggende che hanno fatto del nostro Paese il contenitore d’arte più grande e apprezzato del pianeta. Un cittadino italiano deve sentirsi felice e fiero, godere, perché abita in Italia, uno dei paesi più belli al mondo.
Per tale ragione bisogna combattere per la cultura, perché questo è il momento di dire no all’idiozia, alla speculazione e di far tornare la conoscenza sia tra i banchi di scuola che tra quelli del parlamento. Questo è l’auspicio più grande per il prossimo anno. L’unico possibile.
Angelo De Grande -ilmegafono.org
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