Un tempo, quando si facevano lavori di sistemazione del manto stradale di questa città, spesso ci si limitava a rattoppare le buche. Si mandava la squadra, si riempivano i fossi, si lavorava l’asfalto e tutto finiva lì. Senza clamori. Anche perché si sapeva che, dopo le prime piogge, le voragini, più o meno grandi, sarebbero rispuntate fuori. Allora meglio evitare di incensare con dichiarazioni o eventi ufficiali un intervento che era solo un palliativo temporaneo e utile solo in parte. Oggi il senso della misura che qualcuno ha smarrito per strada (magari in qualche neonata buca), porta ad atteggiamenti opposti. Si sa che quando si perde il senso della misura si finisce per costruire realtà parziali, nelle quali i protagonisti si sentono protetti dal loro ego e dalla loro coscienza, lasciando fuori tutto il resto, le domande critiche, le spiegazioni non date, le risposte sterili e, soprattutto, le proprie responsabilità.
A Cassibile, il famoso campo di accoglienza per i braccianti stagionali è pronto. Aprirà le sue porte il 29 aprile. Diciassette container, ei servizi igienici, un campo recintato, la cui gestione è stata affidata a un insieme di realtà, cooperative, Croce Rossa, associazionismo. Un campo dove poter lavarsi, mangiare, dormire. Un luogo destinato ad accogliere ottanta persone. Ottanta. Su oltre quattrocento braccianti che lavorano nella zona e che si recano a Cassibile per essere caricati dai caporali, sulla cui esistenza, ex assessori, imprenditori, elementi della Giunta hanno iniziato a glissare, qualcuno persino si è spinto oltre, parlando di fenomeno molto marginale. Dopo tre anni di tavoli, discussioni, rinvii, confusione, passi falsi, arroganza, siamo arrivati a una soluzione. Una toppa. Un palliativo utile solo in parte, perché esclude tutto il resto. Poco più di quanto si fece con le tendopoli, meno comode e in un luogo meno protetto, ma sicuramente meno costose e capaci di accogliere più persone, indipendentemente dalle attuali restrizioni legate al Covid.
Insomma, il Comune, con l’ausilio della Prefettura, della Regione e del mondo delle associazioni, ha riempito una buca. Ma ha lasciato il resto della strada completamente dissestato. Si potrebbe dire che almeno ha provato a fare qualcosa, certo. Ma provate a dirlo a chi sta dormendo in macchina o in un furgone, o in mezzo a un campo o tra le rocce. Ditelo a chi fino a questa mattina, quando sono riuscito a sapere qualcosa, non aveva alcuna informazione sulle modalità di registrazione per essere ospitato nel campo. Ciò detto, tornando alla toppa e alla perdita del senso della misura, questo campo verrà inaugurato in pompa magna il 29 aprile, pare alla presenza di un assessore regionale (sulla presenza del Presidente si rincorrono le voci ma non vi sono conferme). Eccoli i signori delle fotografie e delle fasce tricolori, degli annunci e delle cerimonie. Sembrano i personaggi tanto odiati da Montalbano e che Camilleri è riuscito a descrivere magistralmente.
Non vogliono perdere l’occasione per buttare un po’ di fumo negli occhi a chi continua a non voler vedere, l’occasione per crogiolarsi nella loro realtà ovattata, fra pacche sulle spalle, associazioni festanti e amichevoli (ché la giunta piace, dentro ci sono volti amici, quindi può tornare sempre utile), giornalisti senza domande e con il sorriso benevolente. Eccolo il miserabile teatro di chi vuole vendere un abito rattoppato spacciandolo per una grande firma. Per un modello. Perché “modello Siracusa” è l’espressione che abbiamo sentito spesso pronunciare in questi mesi. La prima a farlo è stata la signora prefetta, contenta di una soluzione della quale evidentemente le sfuggono parecchie implicazioni. Modello, in un mondo normale e reale, significa qualcosa che funziona, certo non perfetto, ma comunque inclusivo, capace di affrontare un problema nella maniera più completa. Un modello non deve avere meccanismi inceppati, deve almeno girare e funzionare, altrimenti modello non è. Come si fa a definire modello un campo che si basa su un principio maggioritario di esclusione?
Un luogo nel quale gli estromessi, i rifiutati, gli esclusi saranno molti di più di quelli inclusi. Il 71% fuori, il 19% dentro. Un modello, siamo sicuri? Soprattutto, rimane un punto fondamentale: la seppur positiva opportunità di dormire al caldo e di mangiare e lavarsi per i fortunati che riusciranno ad accedere alle casette, non cambia comunque la situazione di sfruttamento e negazione dei diritti di cui questi lavoratori sono vittima. Perché, al mattino, usciti da quel campo, andranno comunque sulla via Nazionale per essere caricati, stipati nelle auto e nei furgoncini, dai caporali ai quali verrà pagato il pizzo per il trasporto e in molti casi anche quello sui cassoni di patate riempiti. Questo è il sistema criminale che domina le dinamiche di lavoro a Cassibile e che le imprese, gli ex assessori e le istituzioni non solo minimizzano o addirittura negano, ma nemmeno considerano, se è vero che non hanno sollecitato e approntato alcuna azione di contrasto efficace.
Qualcuno dirà, con fare tronfio, che gli ospiti del campo saranno ammessi solo con i contratti di lavoro in mano. Come se i contratti fossero sinonimo di regolarità del lavoro. Purtroppo, basta conoscere la realtà, vivere nel mondo reale, parlare singolarmente con tutti i braccianti (ne ho sentiti abbastanza anche in questi giorni), per sapere che le situazioni di regolarità vera sono rarissime. Che i contratti sono formali e nascondono tutte le cattive abitudini dell’economia italiana e locale: fuori busta, paghe fittizie, orari fasulli, pagamenti inferiori all’importo previsto nella busta paga, spesso in contanti, con la sottrazione del “contributo” da dare ai caporali, e tanto altro. Ci sono tante modalità, spesso molto argute e fantasiose, per rientrare dei soldi previsti in busta, che per il bracciante sono sempre meno di quelli realmente percepiti. Un sistema assodato che si perpetua da anni, da quando le aziende hanno capito che in questo modo, formalmente, si era più tranquilli rispetto al nero, al sommerso vero e proprio. Tutto questo è il segno tangibile anche di un sindacato debole, incapace di alzare la voce davvero, di organizzare gli sfruttati andando a caccia delle aziende, organizzando picchetti, trovando forme di convincimento dei braccianti verso la fondamentale arma dello sciopero a oltranza.
Ecco, allora, perché l’apertura di un campo, di un dormitorio che non colpisce minimamente il sistema, non lo scalfisce, non lo solletica nemmeno, dovrebbe avvenire in silenzio, senza questa imbarazzante e urticante retorica cialtronesca. Senza applausi e palchetti. Quando sono in gioco i diritti delle persone bisognerebbe avere decoro, rispetto, evitando i toni trionfalistici che questa Giunta indebitamente sta attribuendo a una piccola toppa su una voragine enorme nella quale, scavando, ma nemmeno troppo a fondo, si scopre l’inettitudine, l’incompetenza, l’incapacità di tanti di coloro che su Cassibile in tre anni hanno saputo produrre solo questo piccolo rammendo. Gli stessi che ancora in questi giorni e in queste ore danno spiegazioni non dovute a capipopolo e comitati di militanti politici, di razzisti e di populisti indegni che dovrebbero essere semplicemente ignorati, non resi un interlocutore costante.
Peraltro, si viene a sapere che i braccianti pagheranno una cifra simbolica di due euro al giorno per vivere nel campo. Qualcosa che i lavoratori saranno disponibili a fare, perché la loro dignità è enorme e non vogliono che gli si regali nulla. In linea di principio può anche essere giusto, però….C’è un però enorme. Il contributo a queste persone lo si dovrebbe chiedere solo una volta che il caporalato venga spazzato via. Perché altrimenti diventa un’ulteriore tassa sulla loro paga. I braccianti spendono dai 3 ai 7 euro al giorno per il trasporto. Chi ha la sfortuna di essere sotto i caporali guardiani e lavora a cottimo, deve anche dare 1,50 euro sui 5 euro a cassone riempito. Mettiamoci la decurtazione delle paghe da parte delle aziende, che secondo molti braccianti sono il contributo da dare ai caporali che hanno procurato la manodopera, più tutti gli altri inganni sul netto inferiore alla busta, con “tagli” motivati da giustificazioni assurde e farlocche. In poche parole, questa gente viene già spolpata da tutti. E con questo contributo, chiesto da istituzioni che da anni nulla fanno per fermare i caporali, si partecipa al banchetto sulla pelle degli sfruttati.
Il Sindaco di Siracusa faccia una cosa, proponga un gesto simbolico alle aziende: chieda che paghino loro i due euro al giorno per i propri lavoratori, almeno fino a quando non sarà sconfitto il caporalato. Oppure lo facciano i sindacati, che paghino fino a quando non si convinceranno che c’è una battaglia da combattere. Non il Primo Maggio, con le bandierine. Ma tutti i giorni, dalle ore 5.15 del mattino. Fate pagare i segretari, finché non si renderanno conto che ci sono meccanismi che funzionano e che potrebbero, con pochi passaggi, far sparire questo fenomeno a Cassibile. Magari facciano una colletta, insieme all’ispettorato del lavoro, alla Procura, alle forze dell’ordine, a tutti coloro i quali non sono riusciti ancora a punire chi viola la legge e la dignità umana quotidianamente, sotto gli occhi e dietro l’indifferenza di tutti.
Una indifferenza che qualcuno pensa di coprire con un rattoppo, con una foglia di fico, che verrà portata in trionfo, mostrata al pubblico con un gioco di comunicazione, con una cerimonia triste, con dei sorrisi ipocriti. Una foglia di fico, però, la puoi pure colorare d’oro, ma rimane sempre una foglia di fico e potrà coprire solo un pezzetto di vergogne, ma non il fallimento di tre anni di ritardo e di un presente nel quale, gli esclusi, cioè la maggior parte, vengono completamente dimenticati e persino minacciati di essere sgomberati da qualsiasi luogo decidano di accamparsi per riposare qualche ora prima di una bestiale giornata di lavoro nelle campagne di una zona nella quale l’apparenza vince sempre sulla sostanza. Una zona nella quale la decenza si smarrisce sempre, tra una intervista pomposa in radio, una cerimonia sgangherata e qualche post che rasenta la fantasia.
MP
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