Marzo 2021, siamo alle porte di una nuova stagione di raccolta. Già da fine gennaio, un gruppetto di braccianti stranieri è giunto a Cassibile. Il campo dove stavano fino all’anno scorso, quello della baraccopoli di fronte all’antico borgo, adesso è seminato. Non solo, come l’anno scorso sussiste un problema legale, perché quell’appezzamento di terreno è oggetto di una controversia giudiziaria legata all’eredità del defunto marchese Loffredo. Quindi, è sequestrato. Nel 2020, per evitare il caos, i braccianti li hanno ugualmente lasciati lì per tutta la durata della stagione, per poi sgomberarli, guarda caso, al termine. Quest’anno la musica è cambiata. Da subito. Si è partiti con uno sgombero. Coordinato dalla prefettura, eseguito dalle forze dell’ordine e dalla Polizia Municipale. Il Comune, dunque, sapeva. Ed era scontato, visto che da mesi il sindaco di Siracusa, Francesco Italia, e l’assessore Rita Gentile ripetono che “non saranno tollerati accampamenti abusivi”. Una linea dura, di legalità, orfana però di un ragionamento sulle proprie responsabilità.

Andiamo con ordine. Il Comune ha iniziato, con enorme e colpevole ritardo, la realizzazione di un campo di accoglienza, con 17 moduli abitativi che erano entrati nella sua disponibilità a settembre del 2019. Cioè, un anno e mezzo fa. Il campo dovrebbe essere pronto ad aprile (quando a Cassibile ci sarà il picco di lavoro) e potrà accogliere appena 60 persone. C’è il rischio Covid dicono. Come se il rischio non ci fosse anche (se non di più) nei campi, nei ricoveri di fortuna, nei camioncini e nelle macchine stipate dei caporali. La prefettura si preoccupa del rischio Covid e parla di “modello Siracusa“, elogiando l’iniziativa del Comune, quasi fosse nuova o rivoluzionaria (sono tre anni che se ne parla e si è arrivati nuovamente tardi e con una soluzione ampiamente insufficiente). Anche il Comune parla di intervento importante e di limitazioni dovute al Covid, assicura che altre soluzioni emergenziali verranno trovate, senza però specificare quali.

Ciascuno scarica le responsabilità sugli altri, nessuno risponde alle domande più importanti: considerato che anche quest’anno avremo 350-400 braccianti, che fine faranno tutti gli altri? Dove dormiranno?  Soprattutto, come fa la Giunta a minacciare ed eseguire lo sgombero di accampamenti abusivi se la loro presenza è frutto del suo ritardo, della sua incompetenza, della sua incapacità di andare oltre gli slogan e il piagnisteo che oggi è rivolto agli altri comuni della provincia? Come fanno sindaco e assessori a dire che i comuni della provincia devono fare la loro parte perché molti braccianti lavorano anche nei loro territori, se non si ha la minima idea, né si è lavorato per averne una, di quanti siano quelli che lavorano ad Avola o ad Augusta o a Noto, e così via? Il fatto è che qui nessuno va al nocciolo della questione e tutti sembrano cadere dalle nuvole. Dagli assessori, al Sindaco, dai sindacati alle associazioni, fino alla prefettura.

Sono tutti angeli caduti dal cielo, che oggi cantano in coro davanti alla vergogna di uno sgombero, davanti alla violenza delle ruspe che hanno spazzato via tutto, compresi cibo e indumenti che cittadini, qualche parrocchia e qualche associazione avevano donato ai braccianti. Gli angeli, con le loro parole di circostanza, le frasi a effetto, quintali di comunicati pieni di slogan e di indignazione, di dita puntate sempre verso qualcun altro, mai verso le proprie responsabilità. Molti parlano del campo di accoglienza, ma anche delle esigenze dei cassibilesi, con i soliti stomachevoli richiami alla sicurezza, altri parlano dello straordinario impegno profuso dalla cittadinanza e dall’amministrazione, tutti a richiamare le imprese alle loro responsabilità (talvolta confondendo anche i riferimenti di legge). Già, le imprese. Silenti, assenti da questo dibattito. Le organizzazioni datoriali latitano, come sempre, incapaci di richiamare le loro aziende associate ad assumersi le proprie responsabilità, non solo sugli alloggi, come chiede la prefettura, ma anche e soprattutto sull’utilizzo dei caporali. Cosa alla quale, in realtà, neanche il coro degli angeli dedica non troppa attenzione o comunque molto superficiale.

Perché è molto più facile andare sui giornali a pulirsi la coscienza, indicando i responsabili indiscussi, quelli riconosciuti da tutti, che però compiono il danno da quasi venti anni, indisturbati, accarezzati, coccolati dalla normalità dei rapporti quotidiani. Le aziende e le loro organizzazioni sono il nemico che oggi viene indicato da tutti, un bersaglio facile e anche giusto da colpire, anche se troppi ne approfittano per nascondervi dietro anche le proprie colpe. Le responsabilità delle aziende sono lo spartito più semplice sul quale calibrare le tonalità del coro degli angeli che invade i giornali in queste ore.  

Un coro commovente: assessori che predicano unità e denunciano ritardi dei quali dimenticano di essere complici o responsabili; un Sindaco che, dopo aver invitato alla denuncia degli accampamenti abusivi e non essersi opposto a uno sgombero prima di trovare una soluzione, oggi rivendica il suo grande impegno per risolvere il problema, parlando di fondi e progetti che però, a quanto pare, sono sempre spostati in avanti e mai una volta arrivano prima dell’inizio della stagione; consiglieri comunali e attivisti di associazioni che criticano il Sindaco, dimenticando però di aver appoggiato acriticamente l’operato scadente e colpevole degli amici in giunta che sono il volto di movimenti o associazioni di comune appartenenza; sindacati che unitariamente o singolarmente, attaccano le imprese, dimenticando di non avere mai fatto una manifestazione, di non essere mai andati a fare un picchetto davanti a un’azienda, di non avere mai protestato davanti ai caporali, di non aver mai ricostruito la rete di imprese che dei caporali si servono.

A proposito di questi ultimi, ora particolarmente attivi sui media, con dichiarazioni roboanti, qualche proposta d’emergenza e con tanta, consueta retorica vuota, vorrei spendere qualche parola in più. Premesso che, se la Flai-Cgil ogni tanto si è vista e ha partecipato (almeno negli ultimi due anni), a Uil e Cisl che oggi parlano di Cassibile bisognerebbe chiedere dove sono stati nascosti in questi ultimi 17 anni. Perché nessuno li ha mai sentiti intervenire e tantomeno visti passare da Cassibile. Non è certo un comunicato congiunto che lava la coscienza e restituisce la dignità. Una dignità che tutti insieme perdono quando, davanti a quasi venti anni di sfruttamento ininterrotto, di vergogna, di diritti frantumati, di caporali e aziende che operano non sentendo nemmeno il solletico di un sindacato, la più grande rivendicazione che le organizzazioni dei lavoratori hanno saputo fare in questi giorni è stata quella di aver trovato un “agriturismo” nel quale far ospitare i 25 braccianti sgomberati da Cassibile. Tutto qui. Peraltro, con una mezza verità e con una controindicazione: la mezza verità è che non sono ospiti di un agriturismo, ma del magazzino dell’azienda agricola di un imprenditore per bene che, per emergenza, ha messo a disposizione uno spazio al coperto. La controindicazione è che il luogo è tra Solarino e Belvedere, lontano da Cassibile, e nessuno ha pensato a come questi braccianti potessero andare al lavoro il giorno dopo.

Peraltro, già due giorni dopo, erano andati via in molti. Qualcuno sistemato da qualche associazione, altri andati chissà dove. Altri ancora hanno detto di voler tornare a Foggia, di voler lasciare Cassibile. Ti dicono anche che almeno 50 di quelli che arrivano ogni anno, quest’anno non verranno. Intanto, al posto dei braccianti allontanati con lo sgombero, visti i numeri bassi, sono andati a lavorare altri lavoratori stranieri, provenienti da Rosolini. Così raccontano i braccianti. Quando però ci sarà il picco e serviranno qualche centinaio di braccia, le aziende non potranno più reperire manodopera sufficiente a sostituire chi non può venire a Cassibile, visto che i membri dei “comitati” civici cassibilesi (o per essere più precisi, comitati politici guidati da FDI) e i firmatari delle loro petizioni, così zelanti, così accaniti contro i braccianti e la loro presenza in loco, mai si sognerebbero di andare a fare quel lavoro duro e pagato poco in proporzione alla fatica. Insomma, se il grande ruolo del sindacato è trovare una sistemazione per un paio di giorni o fare un paio di comunicati contro le aziende, senza però far seguire denunce, senza mai organizzare una lotta bracciantile come quella svolta in questa provincia 50 anni fa, allora capiamo bene perché oggi siamo ancora a questo punto.

E fa specie che oggi la Cgil chieda quel collocamento agricolo pubblico che è stato chiesto anni fa da padre Carlo e pochi altri e ribadito ogni anno, senza che alcun sindacato facesse mai da rinforzo. Il coro degli angeli, ad ogni modo, sta producendo tante belle parole, tante ardite promesse, tanta solidarietà a mezzo stampa, ma concretamente nulla. Anche la prefettura, che oggi striglia le aziende, cosa ha fatto finora? Soprattutto è consapevole che siamo in presenza di lavoratori regolari che risiedono in Italia da tempo, con documenti in regola e con una vita già nel nostro Paese? Il Comune, che dal canto suo si è sempre trincerato dietro la prefettura e i suoi presunti veti, cosa ha fatto a parte promettere linea dura contro l’abusivismo e partorire un progetto che nasce già monco e insufficiente? Le associazioni, i movimenti politici cosa hanno fatto a parte riproporre comunicati stampa a difesa dei propri riferimenti in Giunta o bozze vecchie e piene di slogan e di sogni futuristici?

Non si offendano se la loro credibilità è pari a zero. Non si offenda il signor Sindaco e soprattutto eviti di accusare gli altri di parlare per slogan senza proporre soluzioni, perché le soluzioni sono state proposte più volte, soprattutto in questi tre anni, e perché se c’è un campione di slogan e di promesse vuote, se c’è un fuoriclasse della bella presenza e delle parole illuminanti, seguite poi da ritardi, indifferenza, soluzioni inutili e deleghe imbarazzanti, questo è proprio lui. Non serve a nulla fare qualche campo o mettere qualche tenda se non ti intesti una battaglia contro i caporali e se continui a legittimare e coinvolgere i capipopolo cassibilesi che parlano indebitamente a nome di tutti. Non serve a nulla prendersela con le aziende se non sei mai stato capace, da massima autorità del tuo territorio, di proporre una soluzione, di concerto con ufficio del lavoro e sindacati, per costringere le aziende a rispettare le regole attraverso uno strumento a costo zero, che richiederebbe solo volontà politica.

Basterebbe infatti proporre un protocollo e coinvolgere gli altri attori istituzionali ad aprire uno sportello a Cassibile che obblighi le imprese a fare richiesta di manodopera in una sorta di ufficio di collocamento specifico gestito da Comune, sindacati e associazioni, dove far confluire i lavoratori disponibili e collocarli a seconda delle esigenze delle aziende, senza la mediazione dei caporali. Solo in quel caso, avendo il quadro chiaro dei luoghi di lavoro, si potrebbe capire quanti sono effettivamente i braccianti che ogni giorno vanno a lavorare in altri comuni e quindi organizzare una accoglienza diffusa evitando o colpendo duramente l’odioso fenomeno del caporalato, che resiste comunque nella gestione dei trasporti. Quello dei trasporti è un altro tema che andrebbe affrontato non lamentandosi delle difficoltà, ma magari con un bando da destinare anche ad aziende non siciliane o a Ong, che possano voler fornire o gestire il servizio navetta A/R dai luoghi di accoglienza al posto di lavoro. Insomma, al netto dei “stiamo uniti”, “stiamo facendo il possibile”, “un plauso a chi sta mettendo in campo solidarietà”, la realtà non cambia.

La musica è sempre la stessa. Il coro canta canzoni ripetitive e conosciute, fra stonature varie declinate sempre al futuro, mentre il presente continua ad essere tragicamente peggiore del passato. Perché se è vero che i braccianti avevano avuto l’intimazione a lasciare quel terreno già qualche settimana fa, bisognava occuparsi di trovare una soluzione prima dello sgombero. E non piangere lacrime di coccodrillo ipocrite, a posteriori e sentirsi a posto con la coscienza solo perché alcune realtà sociali e religiose della città e della provincia non fanno mancare cibo e beni di necessità ai pochi braccianti sgomberati. Se è vero che la situazione dei braccianti pre-esiste a questa amministrazione, e che questa amministrazione quantomeno ha iniziato un percorso, è altrettanto vero che l’arroganza e l’incapacità delle persone alle quali è stato demandato il compito di occuparsene ha reso la situazione più esplosiva che mai. La differenza con il passato, poi, è che oggi ci sono parecchi soldi dedicati alla soluzione della questione.

Ci sono 250 mila euro messi a disposizione dalla prefettura, ce ne sono 750 mila stanziati dalla Regione, che arriveranno entro l’anno, se il Comune di Siracusa si attiverà per quantificare l’entità delle “risorse straordinarie relative al numero di interventi di sanificazione, sicurezza sanitaria e ogni altra misura necessaria nelle aree della ‘tendopoli'”. Vediamo se almeno per il 2021 si farà in tempo o se anche  l’anno prossimo gli angeli senza colpa si sveglieranno in ritardo, quando il dramma è già in corso. Perché di dramma si tratta. Visto che già nei giorni successivi allo sgombero sono arrivati altri braccianti, che si sono trovati davanti al campo chiuso, con gli ingressi murati, con le forze dell’ordine e la municipale che spiegavano che non si poteva più entrare. Lo ha raccontato bene il collega Seby Spicuglia, sulla Sicilia, descrivendo l’angoscia di due lavoratori che, adesso, non sapendo dove andare, non potendo restare a Cassibile, non potranno trovare lavoro. Perché, che piaccia o no ai capipopolo, è a Cassibile che avviene la selezione. E allora forse invece di prendersela con i braccianti e invocare Salvini parlando di stop agli sbarchi, senza alcuna ragione se non quella strumentale e schifosamente politica, farebbero bene a puntare il dito su aziende e caporali. E su loro stessi, che in questi anni hanno saputo solo vomitare odio e razzismo, sempre con la insopportabile formula del “non sono razzista, però…”.

Altri quattro braccianti, proprio ieri mattina, provenienti dalla Calabria, sono andati nella parrocchia di Bosco Minniti, da padre Carlo, a chiedere aiuto, perché a Cassibile non hanno più un posto, visto che entrambi i terreni nei quali si accampavano negli anni sono stati interdetti. Certo non era più rassicurante sapere che avrebbero dormito in un casolare a rischio crollo o in mezzo alle campagne e il Sindaco ha ragione su una sola cosa, quando dice che non è “accettabile che queste persone vengano ricoverate in contesti di fortuna o precari o nei quali possano addirittura rischiare la vita”. Peccato però che questa condizione è anche conseguenza di tre anni di parole e di tavoli sterili, di incompetenza e di codardia. Perché qualcuno ha preferito continuare a operare solo in emergenza o lasciandosi intimorire e assegnando credibilità e ruolo a un pezzo “politico” della comunità di Cassibile, dimenticando completamente che Cassibile non è un paese autonomo e che le scelte, se serve, vanno anche imposte. Come altre scelte di natura diversa sono state imposte in altre zone della città, fregandosene dei singoli residenti in nome di esigenze, che non erano nemmeno collettive o di pubblico interesse, ma legate al turismo e al profitto di alcuni privati.

Ma si sa, i braccianti non vivono tra i lustrini di Ortigia, tra le vetrine e i salottini eleganti del centro storico. I braccianti non sono mai stati una priorità, se non quando si è giunti all’emergenza e allora si è pensato di coprire le proprie mancanze spingendo la leva del cielodurismo e promettendo “nessuna tolleranza” per gli abusivi. Tolleranza che a quanto pare sussiste, invece, per i mercanti di uomini che ogni mattina, a Cassibile, da anni, fanno il loro “carico“. Il primo cittadino, con veemenza e sicumera, afferma che “in piena sintonia con la Prefettura e le forze dell’ordine, l’Amministrazione, grazie anche al lavoro degli assessori coinvolti, ha messo in campo un’iniziativa senza precedenti di contrasto allo sfruttamento degli stagionali di Cassibile”. Sarebbe bello capire quale film abbia visto. Qualcuno si è accorto di questa “iniziativa senza precedenti”? O forse qualcuno pensa che un semplice campo per 60 persone (ma anche fosse un campo per 400 persone non cambierebbe nulla) fermi il fenomeno del caporalato? Le idee, a quanto pare, sono molto confuse. O semplicemente certe visioni, certe convinzioni, sono il segno tangibile di una totale ignoranza del fenomeno. E questa cosa, soprattutto se proviene da chi dovrebbe guidare l’azione di una amministrazione relativamente a un fenomeno che si svolge sul proprio territorio, è ancor più preoccupante.

Ci vediamo martedì 16 marzo alle ore 19.30 con il dodicesimo e ultimo capitolo. A presto.