Lo scandalo è scoppiato, perché una procura ha indagato e ha scoperchiato il solito sistema intriso di illeciti, corruzione, voto di scambio e rapporti promiscui con esponenti vicini ai clan mafiosi che comandano a Catania. Ma di fatto, per certi aspetti, è un terremoto che scandalizza poco. Perché chi segue le vicende catanesi e siciliane e la storia di certi personaggi che giocano con la politica e con il potere, un po’ se lo aspettava. Anzi, forse ci si aspettava pure di peggio. Il caos è esploso in Regione Sicilia e nel Comune di Tremestieri Etneo, con l’operazione “Pandora” che ha portato all’arresto del sindaco del paesino, Santi Rando e, tra custodia cautelare in carcere e domiciliari, di altre 5 persone, incluso il principale consigliere di opposizione, oltre alla sospensione dai pubblici uffici disposta per ulteriori 5 persone. Tra queste ultime, risalta il nome di Luca Sammartino, mister preferenze, rampollo di una famiglia potente, uomo impegnato in politica sin da giovanissimo e passato da qualsivoglia area politica, dall’Udc al PD (grazie al renziano Davide Faraone), poi naturalmente da Italia Viva, fino all’attuale militanza nella Lega.

Sammartino, esponente del partito di Salvini, è attualmente deputato regionale e vicepresidente della Regione guidata da Renato Schifani. Anzi, potremmo dire “era”, perché il giovane camaleonte politico, oggi colorato di verde salviniano, dopo la sospensione disposta dalla Procura ha annunciato le dimissioni. Un afflato di dignità, con tanto di consueta dichiarazione di fiducia verso la magistratura e di rivendicazione della propria onestà e della propria estraneità ai fatti. Si vedrà, noi non siamo un tribunale e saranno i giudici a stabilire se tale affermazione è plausibile o meno. Ma non è la questione strettamente giudiziaria quella che, in tale vicenda, rileva. Il punto più interessante e succulento è piuttosto di natura letteraria e farsesca. Un classico nella Regione del Gattopardo, dove nessun sussulto o stravolgimento diventano eterni, ma si scoloriscono nella memoria appassita dal sole e dall’umidità, per poi ridare vita alle stesse incrostate dinamiche.

La letteratura della politica siciliana, in questo caso, pone al centro del suo racconto la “sfortuna” epica di Luca Sammartino, troppo spesso circondato da vicende molto gravi, che ne hanno offuscato la luce. Luce che però, evidentemente, è rimasta sempre brillantemente accesa per i migliaia di elettori che, ogni volta, lo hanno premiato. Un pacchetto di preferenze che ha toccato quote altissime in ogni competizione elettorale. Sin dalla sua prima elezione all’ARS, il parlamento dell’isola, con il simbolo dell’Udc e una bella investitura da oltre 12mila voti. Un’esperienza proseguita poi con il passaggio al movimento politico regionale Articolo 4, per poi arrivare al PD, in area renziana, ed essere eletto nuovamente, nel 2017, con la cifra boom di 32.492 voti. Quindi, migrazione a Italia Viva, partito fondato da Matteo Renzi, infine, qualche anno dopo, ingresso nella Lega di Salvini, con cui ha conquistato la terza elezione all’ARS, con quasi 21mila preferenze. La vittoria della coalizione di destra, inoltre, lo porta anche ad essere nominato vice-presidente della Regione.

Ma fin qui solo successi, per il ragazzo prodigio della politica (e del trasformismo) in Sicilia. E allora la sfortuna? Quella lo ha sempre circondato, perché ogni successo record è stato sporcato da polemiche, sospetti, vicende abbastanza imbarazzanti. Ce ne sarebbero diverse, ma alcune non lo riguardano direttamente, quindi ne citiamo un paio che lo tirano in ballo. Innanzitutto, nel 2012, in occasione del suo esordio vincente alle elezioni, il suo nome spunta nella denuncia pubblica presentata da una paziente dell’istituto oncologico Humanitas, che rivela, con rabbia e sconcerto, di essere stata chiamata dalla segretaria di un oncologo della struttura che le chiedeva di votare per Sammartino. In poche parole, la signora sostiene che questa prassi sia stata seguita anche con altri pazienti, scelti dalle liste dei medici di quella clinica.

Cosa c’entra Sammartino? Personalmente nulla, se non fosse però che la direttrice sanitaria della clinica era sua mamma, Annunziata Sciacca, che è anche sorella di Giuseppe Sciacca, amministratore delegato della stessa Humanitas. Pura coincidenza, naturalmente, o meglio un comportamento che, se mai fosse esistito, era da ascriversi all’iniziativa privata di qualcuno, come si affrettò a dire lo stesso zio Giuseppe. A cui il nipote-deputato fece eco, precisando di non essere in alcun modo rappresentato dall’Humanitas. Ma la sfortuna è tignosa e insiste, si sa. Così, nel 2017, in occasione della sua seconda rielezione (con il PD), arrivano le parole di Claudio Fava, il quale, durante la campagna elettorale, accusa Sammartino di essere sostenuto, a Catania e in particolare nel rione di Librino, da elementi imparentati con esponenti del clan Santapaola, che stavano facendo campagna elettorale per lui. In quell’occasione, le accuse di brogli arrivano anche da altre parti politiche, come i 5 stelle, che depositano persino un video in procura. Mister preferenze però respinge al mittente le accuse, parlando di fango e di illazioni, minacciando di adire le vie legali per difendere la propria onorabilità.

Oggi arriva l’inchiesta, che per molti non sorprende, perché quando si uniscono i pezzi del puzzle di una politica che vive di cambi di casacca e di pacchetti di voti che girano, indissolubili, stabilendo inevitabili relazioni di potere, è difficile attendersi qualcosa di buono. E non c’è bisogno delle indagini per guardare con disprezzo, al di là delle esistenti o inesistenti responsabilità penali che la magistratura verificherà, chi interpreta la politica in tal maniera. Non ci riferiamo solo a chi detiene i pacchetti di voto, ma anche e soprattutto a chi si lascia ingolosire e rende girevoli le porte dei propri partiti, gettando in acqua identità, valori e credibilità.

Ora, che Sammartino sia sfortunato o meno a trovarsi invischiato in vicende cupe, che specifici di non essere indagato per ipotesi di mafia, rimane il fatto che egli non è una figura che merita di essere corteggiata, accolta e votata se si ha a cuore la Sicilia. Perché non è la prima volta che finisce in inchieste con l’accusa di corruzione, tirato in ballo da pentiti, accusato di avere incontrato, negli anni passati, importanti esponenti mafiosi. Sarà innocente o colpevole, conta poco di fronte a tante ombre. Il voto non ammette dubbi. O meglio non dovrebbe ammettere dubbi, perché poi, in realtà, in Sicilia (e in generale in Italia), come dimostra anche questa vicenda, le tessere elettorali profumano di tante altre cose. E fra queste, sicuramente, non ci sono né la memoria né la libertà. E purtroppo nemmeno l’etica della responsabilità.

Massimiliano Perna -ilmegafono.org