Arrivano dalla Val Trompia e ci accompagnano in giro per paesaggi e storie della provincia, per poi condurci oltre nello spazio e nel tempo: loro sono i Selvaggi, una band dalla lunga esperienza e dal carattere fortemente folk. Il 13 dicembre è uscito il loro quinto album, un disco autoprodotto intitolato “Granelli di sale”. Un vero e proprio viaggio che si svolge attraverso tredici tracce appassionanti, con i ritmi propri della tradizione folk, tra sonorità celtiche, melodie che ricordano la musica irlandese, ma anche quella country americana e quella popolare o cantautorale italiana, in un arcobaleno musicale che sa di storia, di lotta, di danze ribelli al riparo da un mondo spietato e individualista. Ad accompagnarci in questo appassionante viaggio nella tradizione, c’è l’alternanza tra dialetto e italiano, che dialogano tra loro e ci raccontano vissuti, personaggi, partigiani, pianure, sentieri di montagna, frontiere, sogni, memorie, guerra, amore e povertà.
Ascoltando questo disco si respira la nostalgia di un mondo nel quale la vita era lotta quotidiana, era tempo di comunità e di ingegno, ma è una nostalgia che non è fine a se stessa, ma si rivolge all’oggi e al futuro, spingendo a ritrovare l’essenza di quella umanità che resta in un mondo che pian piano diventa sempre più parcellizzato e frammentato. Un messaggio semplice ma potentissimo affidato a storie come quella dei contrabbandieri di sale delle Alpi durante il regno austroungarico o quella del turnidur, il tornitore, o quella di chi sogna di tornare nella propria terra per cantare in mezzo ai campi.
C’è poesia, ma c’è anche ironia, ci sono il passato e la tradizione da ascoltare e rispettare, ma anche il presente e l’invito a ritornare a se stessi per poi scegliere la propria strada, tracciare la propria linea futura senza perdere la propria identità.
Un disco ampio e non banale, dove è impossibile non sentire gli echi di Bob Dylan o dei Modena City Ramblers o della scuola milanese. E sono tanti i brani nei quali intervengono frontman o ex frontman di gruppi importanti, come nel caso di Per un pugno di sale, singolo estratto. Qui, è la voce inconfondibile di Cisco Bellotti (ex frontman proprio dei Modena City Ramblers) ad aggiungere un’emozione profonda a un brano che è tra i più belli del disco, insieme a Il sentiero dei fiori, una romantica ballata contro la guerra.
I Selvaggi (ospiti dell’ultima puntata di “The Independence Play”, la nostra trasmissione radiofonica) hanno dunque realizzato un album di grandissima qualità, un vero e proprio racconto folk di quelli che non si ascoltavano da un po’ di tempo. E ne sentivamo la mancanza. Forse manca quella parte rabbiosa e più malinconica che trovavamo in altre esperienze folk, ma il messaggio arriva comunque ed è convincente.
Redazione Musica -ilmegafono.org
Ammazza Gio Pintossi, che botta! Parole sante, non certo solo celebrative. Ve le meritate. con tutto il lavoro che avete fatto è giusto
che arrivino gli elogi. Il disco piace, le storie non sono banali, la musica ha richiami di grande tradizione e impostazione di impatto elevato, l’interpretazione convinta, continua, di alto livello. il pubblico condivide con gioia: non si suona e non si canta solo per sé
stessi, ma si dà tutto per chi ascolta. Anche la voce dialettale prende il volo, non si ferma a facili rime, a pittoreschi birignao, ma con
quella convinzione diventa autentica poesia.
Già che ci sono :Buon Natale a tutti e aspettatevi Grandi Anni!