In Calabria (e non solo) risuona il rumore della rovinosa caduta di potenti criminali e dei loro complici. Questa è l’immagine che meglio può descrivere l’esito della maxi-operazione, denominata “Stige” e condotta dalla Dda di Catanzaro, che qualche giorno fa ha duramente colpito il sistema economico e illecito della cosca dei Farao-Marincola di Cirò Marina. «La più grande operazione degli ultimi 23 anni, per numero di arrestati», ha affermato il procuratore della Dda catanzarese, Nicola Gratteri. In effetti, il numero di arresti (169 in tutto) è altissimo, ma non è soltanto la quantità dei provvedimenti ad assegnare straordinaria rilevanza a tale operazione anti-‘ndrangheta.

Ciò che rileva, infatti, è innanzitutto la qualità del lavoro immenso e complesso svolto dagli inquirenti, se si considerano l’estensione incredibile degli affari del clan di Cirò Marina, la loro dimensione internazionale, la ramificazione in numerosi ambiti economico-imprenditoriali, il legame stretto e perverso con la politica, lo spietato controllo del territorio. Affiliati, politici, rappresentanti delle istituzioni, imprenditori: il sistema affaristico dei Farao-Marincola si sarebbe servito della “collaborazione” di moltissimi soggetti, ciascuno con le proprie competenze.

Un impero economico illecito e granitico che si fondava sulla solidità di rapporti che, dal crotonese, si spingevano al nord Italia e perfino all’estero, più precisamente in Germania, ma non solo, visto che le mire del clan avrebbero riguardato anche altri paesi, come ad esempio la Svizzera. Una presenza, quella delle famiglie criminali italiane all’estero, di cui si parla da tempo ma che ancora, in Europa, non trova la giusta attenzione, rimanendo un fenomeno che le istituzioni di diversi paesi europei minimizzano o persino negano. Non così i magistrati, per fortuna, dal momento che per questa maxi-operazione hanno collaborato anche alcune procure tedesche.

Sembra non esserci settore economico nel quale i Farao-Marincola non avessero messo le mani, a Cirò Marina e in altri comuni della provincia crotonese, così come a Parma, nel nord, nelle zone di Monaco di Baviera, Francoforte, Stoccarda e Wiesbaden. Produzione e distribuzione di pane e altri prodotti alimentari, compresi carta e plastica per alimenti, smaltimento di rifiuti, inclusi quelli tossici dell’Ilva di Taranto, taglio e raccolta del legname boschivo, gestione del mercato del pesce e dei servizi portuali, commercio di vino, lavanderie, giochi on-line, quindi l’immancabile mercato delle pompe funebri e, infine, i beni e servizi comunali e perfino il terzo settore, con la gestione del business dell’accoglienza dei migranti, realizzato attraverso cooperative compiacenti.

Tutte attività realizzate, stando a quanto risulta dall’inchiesta, con metodi mafiosi, tra cui l’estorsione perpetrata, ad esempio, in Germania ai danni dei ristoratori italiani, ai quali venivano imposti prodotti caseari, olio, vini, alimenti, pasta e semilavorati per la pizza “sponsorizzati” dai clan. Un giro di affari mostruoso che ha fruttato enormi quantità di denaro alla criminalità organizzata. A seguito dell’operazione, infatti, sono stati sequestrati beni per oltre 50 milioni di euro tra aziende e immobili riconducibili ad affiliati dei Farao-Marincola. L’inchiesta ha insomma smontato i pezzi di un importante organizzazione che si sentiva e si sente ancora oggi inviolabile, ma che inviolabile non è, come dimostra il successo di questa operazione che ha preso il nome del mitologico fiume degli inferi, quello nel quale, secondo una leggenda, Achille venne immerso dalla madre per acquisire proprio l’inviolabilità.

Ma con Achille gli ‘ndranghetisti non hanno certo in comune il coraggio o l’eroismo mitologico. L’unica cosa che condividono è la presenza di un punto debole, che per l’eroe greco era il tallone, mentre per le ‘ndrine è la linea dei soldi, il tracciato da seguire per svelare il loro radicato e vastissimo sistema criminale, oppressivo ed economico. Ed è così, con un metodo impeccabile ed esemplare, che la Dda di Catanzaro, i Ros dei carabinieri e le altre procure e forze che hanno collaborato sono riusciti a dare una dura lezione a una delle cosche più potenti. «Questa è una indagine da portare nelle scuole di magistratura per spiegare come si fa una indagine per 416 bis», ha dichiarato Gratteri, che ha spiegato come questa è un’altra importante tappa del suo sogno di liberare la Calabria dallo strapotere della ’ndrangheta.

Un potere oppressivo e feroce che si avvale purtroppo della complicità di chi invece di combatterla, di dire no, di denunciare, preferisce collaborarvi, diventarne strumento. Ancora una volta, infatti, un’indagine antimafia si ritrova davanti il triste elenco di presunti colletti bianchi, fiancheggiatori istituzionali, soggetti imprenditoriali: ci sarebbero tutti nel fiume infernale dell’antistato. Un fiume protetto dall’omertà, dalla convenienza e dalla paura. Un fiume infetto e melmoso che lo Stato, quando lavora con i suoi uomini e le sue intenzioni migliori, è capace di prosciugare. Speriamo che questa sia solo la prima opera di una grande bonifica che riguardi l’intero Paese. Perché di fiumi e affluenti infetti ve ne sono ancora troppi. Ovunque, da nord a sud.

Massimiliano Perna -ilmegafono.org