Dopo aver provato a calmare la situazione siriana, gli occhi del Sauron moderno statunitense si spostano sulla Libia. Nel giorno in cui apprendiamo che i soldati francesi svolgono operazioni “clandestine” sul territorio libico, l’Italia concede agli Stati Uniti l’utilizzo della base di Sigonella. Questa storia delle basi ha un grande fascino. Certi territori del nostro Paese sono estremamente militarizzati. Pensate alle idee sul Muos, pensate alle esercitazioni nei paradisi sardi, pensate alle basi americane sul territorio. Ciclicamente ci troviamo a essere colonia. Rinunciamo ancora una volta a un ruolo, una strategia, ma facciamo sponda al cugino statunitense. E già, perché lo zio d’America continua a esercitare un potere e un controllo incredibili sul nostro Paese.

Ci trattano forse ancora come il bambino riottoso degli anni ‘60 e ‘70, quando avevamo il partito comunista più forte d’Europa. E pensare che con la Libia ci avevamo anche provato. Con un lavoro importante di diplomazia sul territorio, di impegno di mezzi. Adesso, invece, rinunciamo e, probabilmente, saranno ancora Francia e Stati Uniti a farla da padrone. Sarebbe interessante capire come e perché la Francia si trovi già in Libia. Chissà perché non ne dovrà rispondere. Che siano i francesi a perpetrare una strategia di tensione in Libia con secondi fini? Quali sono questi secondi fini? La notizia ovviamente è passata subito in sordina. Forse crea imbarazzo nei nostri ambienti.

Si badi bene, non è una questione di nazionalismo. Semplicemente la presa d’atto che qualcuno sta lavorando per distruggere l’Europa e i suoi già precari equilibri. Forse l’Europa unita fa troppa paura oltreoceano. Senza fare del complottismo facile e senza bisogno d’esser renziani c’è da cominciare a pensare che una certa pressione sulla nostra economia sia dovuta a un timore generalizzato che possiamo essere un Paese leader, che parla troppo e rischia di mettere a repentaglio l’asse interno franco-tedesco. Ma questa già non è una minaccia per l’Europa? Questi incontri bilaterali, questo parla parla tra capi di governo, quando le sedi preposte sono ridotte a una caciara di burocrati, non è il vero vulnus?

C’è solo da augurarsi che i popoli europei, abituati grazie a Schengen a conoscersi, vedersi, incontrarsi e stringere relazioni, continuino a essere più europei che nazionalisti e che la Libia non diventi un pantano anche per noi. Ma soprattutto, per una volta, c’è da sperare che le persone valgano più degli interessi particolari. Questa, si sa, resta un’utopia, ma l’orizzonte è ancora là.

Penna Bianca -ilmegafono.org