Milano, una domenica pomeriggio, sotto un cielo capriccioso che offre acqua e nuvole, mentre il termometro torna giù e le strade sono poco affollate per via della partita della nazionale italiana di calcio. Stazione centrale, binario 21, appena sotto la torre da dove Rocco è sceso qualche giorno prima e dove Stanislao, mentre scriviamo, resiste ancora (lunedì 18 giugno scenderà giù). I lavoratori dei treni notte, quelli che lo scorso dicembre, per via della soppressione dei convogli notturni, sono stati licenziati senza troppi complimenti, sono tutti radunati sotto la torre insieme ad artisti, musicisti, semplici cittadini, giornalisti. Non è una semplice iniziativa di sostegno alla lotta, una delle tante organizzate in questi sei mesi di protesta. Questa volta c’è un clima diverso, c’è una ragione diversa, ci sono sorrisi più aperti e un po’ di emozione. E c’è soprattutto uno striscione, scritta nera su sfondo rosso, che dice: “10 giugno 2012: i treni notte ritornano”.
Un fischio, il suono lungo che accompagna i primi passi del treno che sfila dinnanzi al presidio, sotto gli occhi di Stanislao e degli altri lavoratori che da dicembre combattono senza sosta, al freddo invernale come al caldo di questo principio d’estate. Un treno notte, finalmente, dopo i sei mesi di stop, riparte con il suo carico di passeggeri pronti ad attraversare l’Italia, con i primi lavoratori che tornano al loro posto e con una piccola folla festante a salutare, fischiare, urlare e alzare pugni in segno di vittoria. Ci sono riusciti. La resistenza di questi lavoratori ha permesso all’Italia di ritrovare un simbolo di unità e di storia, oltre che un servizio fondamentale per la viabilità interna. Hanno vinto la determinazione e l’ostinazione di un gruppo di persone che ha deciso di non sottostare ad accordi truffa, a mediazioni oltraggiose, a soluzioni false, preferendo rimanere lì dove la loro vita e il loro lavoro si sono svolti per anni.
Difendere un diritto che non è individuale ma di tutti, reagire ad una logica manageriale settaria, classista e arrogante, che ha tentato di spezzare in due il Paese per favorire soltanto un determinato tipo di trasporto, a prezzi non accessibili a tutti, proprio mentre anche alcune compagnie aeree low-cost cominciavano ad alzare i prezzi dei biglietti o venivano assorbite da compagnie di linea. Un vero e proprio colpo di scure alle possibilità di movimento delle fasce meno agiate della popolazione (in particolare quelle che si muovono da e verso Sud) e, al contempo, un taglio netto a ben 800 lavoratori, al loro posto di lavoro, senza alcuna contrattazione, senza alcun dialogo.
Il piano però è fallito, perché chi lo ha orchestrato non si aspettava la resistenza così forte di una parte di quei lavoratori che si sono uniti e che hanno saputo coinvolgere, a Milano, intellettuali, artisti, associazioni, giornalisti, semplici cittadini, che hanno condiviso i lunghi giorni di battaglia condotta da chi si è arrampicato sulla torre faro dello storico binario 21 della stazione centrale, trasformandola nella propria casa per mesi. Un presidio che, dopo la discesa di Stanislao annunciata per la mattina di lunedì 18 giugno, non intende sciogliersi o congedarsi, ma continuerà. Sì, perché nonostante i treni notte siano ripartiti (sono state ripristinate alcune tratte, ma non tutte, e con meno carrozze e cuccette), per la gioia di tutti quei cittadini che in questi mesi hanno vissuto un enorme disagio, la vicenda dei lavoratori non è ancora conclusa, dal momento che non sono stati tutti riassunti o ricollocati e, a quanto pare, proprio quei lavoratori che hanno iniziato la lotta di resistenza sono finiti in coda, sono diventati gli ultimi.
Devono pagare il prezzo politico per non essersi piegati, per non aver prestato la propria dignità ad accordi truffa, a proposte imbarazzanti che sono giunte dai tavoli regionali. E non solo a Milano, ma anche a Roma, Venezia e in altre parti d’Italia, come nel caso dei lavoratori della Servirail di Messina, la situazione è ancora critica e ci sono lavoratori estromessi, non ricollocati, tenuti ai margini e senza alcuna tutela. Ed è irritante il silenzio delle istituzioni, l’indifferenza di un governo che per mesi ha fatto finta di non sapere, ha tenuto un atteggiamento omertoso e complice, come se quella vicenda, di cui anche i media nazionali hanno parlato, non fosse mai esistita.
Come se il destino di 800 famiglie e il diritto dei cittadini di tutta Italia a vivere in una nazione unita e tutta egualmente raggiungibile dal trasporto su rotaia fossero questioni di poco conto. La lotta è ancora dura, il binario 21 continua a salutare i treni che partono e a reclamare diritti. Lo fa in barba a chi pensa che “le cose non possono cambiare” e che “alla fine vince sempre il più potente”. Questi lavoratori, a Milano come a Roma, hanno dimostrato che non è così, lo hanno dimostrato a chi, 6 mesi fa, ha scelto di non lottare e rassegnarsi, di condannarsi ad un lamento inutile che sa di agonia. Oggi possono dire di aver avuto ragione a non arrendersi e di aver ragione a continuare a farlo.
Massimiliano Perna –ilmegafono.org
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