Prendete la freddezza anglosassone, miscelate ma non agitate con sana nebbia padana, metteteci dentro un po’ di socialismo tascabile, qualche incazzatura di troppo. Benvenuti nel mondo dei CCCP (e si legge ci-ci-ci-pì) di Giovanni Lindo Ferretti, che cantano un punk roco, cattivo, schietto, molto nostrano. Chi legge probabilmente li conoscerà anche solo per fama. Non sono stati uno di quei gruppi che passa senza lasciare traccia. Basti pensare all’infinità di rimandi, citazioni ed influenze che si portano dietro il loro nome. A partire dai film come “Tutti giù per terra” (hanno curato la colonna sonora), “Come tu mi vuoi” (stesso titolo di una loro canzone), “Paz!” (altre colonne sonore), fino ai gruppi alternative rock che si sono ispirati alla creatività della band reggiana (Marlene Kuntz, Punkreas, solo per citarne alcuni).
Ma cosa fanno i CCCP? Oltre a suonare (e parecchio bene) scavano nell’ascoltatore una traccia, una ferita. Le armi con cui la producono sono testi scheggiati, ben affilati e graffianti e un sound punk-rock duro e a tratti irriverente. “Io sto bene, io sto male, io non so come stare”: lo straniamento di un’epoca di passaggio, gli anni ’80, che iniziano con loro nel 1982 e si chiudono con il loro scioglimento nel 1990. Cade il muro di Berlino (vicino al quale si erano conosciuti Ferretti e Zamboni), finiscono di conseguenza i CCCP. Ma finisce forse anche una speranza di lotta, si conclude la parabola dell’impegno politico e della denuncia forte che già declinava verso il disinteresse di quei “favolosi” anni. Iniziano e si trasformano intorno a un progetto riassumibile nella frase “fedeli alla linea”. Che poi di fedele alla linea c’è ben poco. Forse dietro quel loro nome c’è quella voglia di non omologazione che mancava al comunismo sovietico dove si era fedeli alla linea per forza e qualsiasi eccezione veniva bollata.
Anche perché numerosi sono i rimandi alla voglia di anticonformismo. “Sono come tu mi vuoi”, “conforme a chi conforme a cosa, conforme a quale strana posa?”. Un vero gruppo punk nel senso ortodosso del termine. E per carità, anche la voce di Ferretti è un vero marchio di fabbrica, con una personalità e una profondità artistica straordinarie. E dire che dai CCCP sono passati musicisti storici del nostro alternative rock come Giovanni Maroccolo (produttore e musicista, prima con i Litfiba, poi CCCP, quindi Marlene Kuntz) e Giorgio Canali (produttore musicale anche lui, ma prima ancora musicista con CCCP, C.S.I. e P.G.R.), lo stesso Zamboni (CCCP e C.S.I.).
Ascoltarli non è facoltativo, è un obbligo morale per avvicinarci davvero alla storia della nostra musica. In più hanno avuto moltissime cose da dire con un’intensità che si ritrova in ben pochi altri nostri artisti. Per di più la loro intelligenza è passata attraverso riflessioni tutt’altro che scontate e apparentemente poco frequenti nel panorama musicale. Il problema è che si sono sciolti. “Non ci sono più i CCCP, non ci sono più” (si lamenta Vasco Brondi). È davvero finita?
Penna Bianca –ilmegafono.org
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