La sconfitta, nel panorama politico a sinistra del centro-destra, è stata impressionante. Un risultato minimo, che condanna senza alcun appello. Sono state perse le regioni chiave del consenso di sinistra e il resto del Paese restituisce una maggioranza di elettori delle Lega e del Movimento 5 Stelle. Il Paese che fu il più comunista dell’Europa “libera” si scopre di colpo impaurito e impoverito, di sicuro più conservatore. Sono state dette tante cose, ma proviamo a offrire una chiave di lettura il più possibile obiettiva.

La sinistra che vinceva e che faceva paura si formava principalmente in università e fabbriche. Aveva una base, raccoglieva consenso ed era a stretto contatto con la realtà. L’abdicazione verso il centro, da quando il PCI è definitivamente deceduto, e la progressiva svolta neoliberista, sono coincise col disallineamento rispetto alla realtà. Fino alla frattura totale attuale. Il problema è sia sociale che generazionale e riguarda anche i leader. Per citare il più famoso, il D’Alema formatosi nei comizi della “Normale”, ci chiediamo cosa abbia oggi da dire all’impiegato precario della provincia di Potenza? L’emiliano Bersani, formatosi nella grande scuola amministrativa del PCI, forgiato dalla serietà austera e razionale del comunismo contadino emiliano, riesce oggi a comprendere le esigenze di un diciannovenne diplomato in ragioneria?

L’errore che di solito si commette in questi casi è quello di attribuire la colpa all’incapacità di comprensione degli elettori. In realtà, manca proprio un messaggio di sinistra. Che vuol dire? Bisognava chiederselo almeno dall’inizio degli anni 2000, quando il mondo cambiava. C’era il movimento No Global ma la sinistra istituzionale aveva paura delle tute bianche di Casalini, dei social forum di Agnoletto, dei movimenti che erano la voce di una generazione che aveva istanze reali e parlava di modelli alternativi e di lotta alle disuguaglianze. Ma la  sinistra politica e istituzionale rimase indifferente, non seppe intercettare quelle idee, che il sistema demonizzò fino a schiacciarle nella mattanza di Genova. Ecco quelle idee andrebbero riscoperte per capire cosa vuol dire essere di sinistra oggi.

Per esempio potrebbe voler dire essere globalisti e non sovranisti, con tutto ciò che ne consegue. Riscoprire, per esempio, che il tedesco barbuto, quando diceva «proletari di tutto il mondo unitevi» non intendeva solo quelli con la tuta blu, ma tutti quelli che fossero nelle medesime condizioni. Dopo aver scovato la risposta servono proposte concrete, rapide, comprensibili. Non si tratta di ingannare l’elettorato ma di riaccendere la speranza del progresso umano attraverso un principio cardine di uguaglianza. Per farlo occorre abbandonare i vecchi totem che ormai non sono altro che spaventapasseri stropicciati in un campo arido.

Bisogna saper dare risposte concrete ai problemi. Problemi che, prima, vanno conosciuti e per questo serve una vera e propria nuova generazione che si sia sporcata con la vita vera degli anni zero italiani. La generazione che, se consentite un paragone musicale, ascolta prima Vasco Brondi e poi Guccini, non viceversa.

Un esempio. Le migrazioni sono percepite come un problema da gran parte della popolazione italiana. Questo è purtroppo un dato di fatto, su cui ci siamo interrogati e che riteniamo conseguenza diretta di un approccio volutamente mal studiato ai fenomeni, ma è un dato di fatto. Seguire le destre su questo tema e balbettare soluzioni vaghe non serve a nulla. Bisogna rispondere con il coraggio delle idee, tenendo fede ai valori solidali e umanitari della sinistra, educando il popolo, sgonfiando i loro istinti di pancia e gestendo l’accoglienza in maniera trasparente, umana, intelligente.  Bisogna rispondere in maniera alternativa e progressista o anzi “di sinistra” alle cianfrusaglie maleodoranti di fascismo che propone la piazza.

In questo giornalisti ed intellettuali potrebbero scendere dalle torri d’avorio, uscire dai teatri in cui non va più nessuno, e riscoprire il loro ruolo in una società che è stata rivoluzionata, lei sì, negli ultimi 40 anni.

PennaBianca -ilmegafono.org