Non si contano le volte in cui abbiamo ascoltato Meloni, Salvini e i loro sodali, appartenenti a questa destra primitiva, parlare della necessità di aiutare “a casa loro” i migranti che si spostano verso l’Europa. Li abbiamo sentiti urlare dai loro palchi, puntare il dito contro le ong o contro chi da sempre è impegnato in prima linea nella lotta per la tutela dei diritti umani, tutti accusati di fare il gioco dei trafficanti e degli scafisti. Abbiamo sentito parlare di “pull factor” e di false complicità (raccontate da alcuni quotidiani ignobili), bugie finalizzate a denigrare chi semplicemente cercava e cerca di limitare i danni e di ridurre le perdite umane di una situazione che perdura da anni e che è stata creata e nutrita dalla crudeltà delle reti di trafficanti e dall’indifferenza della politica italiana ed europea. Abbiamo ascoltato le parole di Giorgia Meloni e di Matteo Salvini, la loro presunta linea dura per fermare gli scafisti e il traffico di esseri umani.

Parole, urla, post, tweet, slogan triti e ritriti che mancavano e mancano di sostanza, volutamente, perché la sostanza non conta nel vocabolario sovranista, quel che importa è far gorgogliare lo stomaco dei propri militanti ed elettori, aprire il rubinetto dei loro veleni da spruzzare ovunque, per strada, sui social, nei bar, negli scranni comunali, regionali, nazionali. Una strategia vecchia e stantia, che si riflette in tanti ambiti della politica portata avanti (o indietro?) dalla maggioranza di governo. Slogan che si concretizzano in misure disumane o in provvedimenti inutili e nocivi, come quelli per arginare la violenza giovanile, o come la cancellazione dal PNRR dei fondi per la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie. Perché questa destra sovranista le battaglie le conduce in modo creativo: o togliendo mezzi e risorse utili oppure facendo la guerra a chi opera nel rispetto dei valori sanciti dalla Costituzione, o ancora colpevolizzando le vittime e schiacciandole ulteriormente.

Esattamente in quest’ultima direzione va la norma contenuta nel decreto delegato firmato dai ministri Nordio, Piantedosi e Giorgetti, che chiarisce e quantifica la garanzia finanziaria prevista dal cosiddetto decreto Cutro dello scorso marzo, con riferimento al trattenimento del migrante in un centro per il rimpatrio per la durata di un mese, allo scopo “di accertare il diritto ad entrare nel territorio dello Stato”. Il nuovo decreto prevede che il richiedente asilo proveniente da Paesi ritenuti sicuri, come ad esempio Tunisia, Nigeria, Costa d’Avorio, Gambia, ecc, possa evitare tale trattenimento, che è più corretto definire detenzione (ingiusta) dentro uno di questi centri, pagando una cauzione di quasi 5.000 euro, per l’esattezza 4.938 euro. Una cauzione che deve essere versata direttamente dal migrante e non può essere corrisposta da nessun soggetto terzo, né familiari, né amici, né associazioni. Il pagamento deve avvenire in un’unica soluzione, tramite fideiussione bancaria o polizza fideiussoria assicurativa.

In poche parole, non solo un essere umano viene posto in stato di detenzione senza aver commesso un reato (e la Cassazione ha ribadito di recente, che non si può definire clandestino, e dunque illegale, chi ancora deve vedere valutata la sua situazione), ma per di più deve pagare per la sua libertà. Tornando allora agli slogan vuoti e alle promesse dei due leader sovranisti italiani sulla guerra ai trafficanti di uomini e agli scafisti, a cosa fa pensare quest’ultima oscena trovata del loro governo? La risposta è semplice: tale norma ripropone esattamente la logica dei trafficanti di esseri umani. Qualcuno ha anche parlato di scafismo di Stato, ma lo scafista è un mero esecutore, mentre questa è una logica più simile a quella di chi gestisce le reti del traffico di uomini, è una logica di potere, è lo schiacciamento del diritto, l’umiliazione di chi già si trova in condizione di svantaggio. Lo Stato sceglie, dunque, di abdicare al suo ruolo di garante dei diritti, violenta la Costituzione e il diritto internazionale, approvando una misura che, peraltro, è illegale e che a nazioni come l’Ungheria (dove era stata introdotta una norma simile) è valsa la sanzione da parte dalla Corte di giustizia europea.

Il governo italiano, in questo modo, getta la maschera e vincola a una cauzione, al pagamento di una somma di denaro, l’esercizio di ciò che dovrebbe essere un diritto. Dìritto che vale anche per chi viene da Paesi ritenuti sicuri, perché dentro certi contesti nazionali, anche in assenza di una guerra che coinvolge lo Stato, ci sono conflitti etnici o religiosi (la Nigeria ne è un esempio), persecuzioni legate al genere, all’orientamento, al credo o all’etnia. Chi scappa da situazioni che mettono in pericolo la propria vita deve essere accolto e, mentre la sua situazione viene valutata, in modo accurato e senza accelerazioni sommarie, non può e non deve esistere alcuna forma di detenzione. Ancor meno deve esistere il vergognoso ricatto economico, che è quello che i trafficanti di uomini, spesso con cifre tristemente simili a quella stabilita dal governo italiano, pongono ai migranti per poter lasciare i lager o per potersi imbarcare in condizioni di insicurezza verso le coste italiane.

Con questa ultima indegna trovata (ma degna di tal governo e di simili personaggi), che oltre a far rivoltare lo stomaco è fortemente discriminatoria, l’Italia ha toccato uno dei suoi livelli più bassi, trascinata nel fondo buio di una politica in costante campagna elettorale, pronta perennemente a utilizzare gli ultimi come carne da macello, come vittime da portare sull’altare diabolico e lercio del consenso. Un consenso costruito da anni di narrazioni tossiche, fake news, creazioni artificiose di nemici, e ampliato dalla codardia di chi avrebbe dovuto opporsi ma poi ha finito per riproporre logiche orrende di chiusura e crudeltà e di guerra alla solidarietà. Già qualcuno, con le elezioni europee in vista, sta tornando al passato, cominciando a mettere paletti per accreditarsi verso quel pezzo di elettorato, sempre più ampio e drogato (più o meno consapevolmente) dalla propaganda di questi anni.

Un elettorato immaturo e degradato, che vede l’accoglienza dei migranti come qualcosa da contrastare o limitare, come se fosse una forma di concorrenza ai propri diritti, che invece in questo Paese vengono calpestati o dimezzati quotidianamente da sempre, anche da prima che i migranti iniziassero ad arrivare in numero più ampio rispetto al passato. Insomma, l’Italia si trova imprigionata tra la vergogna di una politica inetta e crudele e la ferocia di un popolo sempre più egoista. E non c’è via di fuga all’orizzonte, perché servirebbero cultura, dignità e umanità, tre elementi che sembrano molto lontani e sempre più assenti nel nostro Paese. Ad ogni livello, prima di tutto quello politico.

Massimiliano Perna -ilmegafono.org