Lasciamo perdere il senso del nome, Gettonopoli, con il solito hashtag che tutto semplifica e tutto raccoglie. Lasciamo anche ben chiusi in un armadio gli eccessi popolari, con gli sputi e gli sparuti capannelli di cittadini improvvisamente “indignati” che, spesso, nascondono personaggi grotteschi e vili più meritevoli di disprezzo di coloro contro cui si scagliano. Lasciamo stare Giletti e Striscia la Notizia, le infinite quanto inutili discussioni sul loro cattivo esempio di giornalismo, sulla loro maniera populista (ah, quanto è di moda usare questa parola, anche tra coloro che non sanno nemmeno che significhi) di affrontare un tema senza approfondimenti e di non fare distinzioni tra buoni e cattivi. Lasciamo perdere la dialettica sull’antipolitica (altra parola che spopola) e i vari discorsi solidali nei confronti di coloro che svolgerebbero, con serietà e dedizione, il ruolo di consigliere comunale.

Di certo, però, quello che proprio non si può accantonare, perché rimane appiccicato sul senso del pudore di una città, è lo sperpero indegno di denaro pubblico. Perché al di là delle polemiche e dei buoni propositi tardivi quanto inutili, le cifre risaltano e sono raccapriccianti. Non importa che questa storia fosse nota da anni, che qualcuno l’avesse già denunciata senza che ciò smuovesse nulla o creasse il clamore suscitato da alcune, seppur discutibili, trasmissioni nazionali. Sinceramente, quello che mi piacerebbe non si mettesse in discussione è che 1200 riunioni di commissione, più di 650mila euro di denaro pubblico speso per i gettoni di presenza, oltre ai soldi per i rimborsi dovuti ai datori di lavoro dei consiglieri, sono una vergogna assoluta. Nel complesso, riunioni di consiglio e commissioni, più rimborsi, nel 2014 sono costati oltre un milione e mezzo di euro ai contribuenti (trend  in aumento rispetto agli anni passati). Pensare allora, di fronte a ciò, di difendere l’indifendibile è offensivo oltre che deprimente.

A prescindere dall’astruso dettato della legge 30/2000, resta il fatto che il Consiglio comunale siracusano, con una delibera prodotta due mesi dopo il suo insediamento, sulla base di una discutibile interpretazione, abbia esteso i benefici della legge, ossia il gettone, anche ai capigruppo e ai delegati che partecipano alle commissioni, con aumento sensibile dell’esborso. Una delibera votata praticamente all’unanimità, con tre soli consiglieri contrari e venticinque favorevoli: tra questi ultimi, anche molti di quelli che oggi chiedono rispetto e parlano a vanvera di antipolitica e populismo. La verità è che il vil denaro, come sempre, fa comodo e unifica.

La si smetta pertanto di sostenere sfacciatamente che Siracusa ha bisogno di 1200 riunioni di commissione, perché questo lo si può far credere (forse)  a chi non conosce la città, l’improduttività atavica delle sue istituzioni, il giochetto di convocazioni e discussioni inutili tanto per maturare il gettone, la pessima e radicata abitudine di trovare ogni mezzo, dalle commissioni alle consulenze, per far sì che la politica sia, non impegno civico e passione, ma prima di tutto fonte di denaro per chi la fa o vi gravita attorno, al netto delle buone intenzioni e della qualità del lavoro svolto. Qualcuno continua a dire che non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, che dentro il Consiglio comunale ci sono persone che si “fanno il mazzo” dalla mattina alla sera, che affrontano temi delicati e di straordinaria urgenza.

Non entriamo nel merito di tale affermazione, ma ammettiamo che per alcuni sia così: ci si chiede allora perché la maggior parte di essi non abbia pronunciato una parola di opposizione o denuncia pubblica su quello che è uno scempio economico in una città che manca di servizi sociali (mi viene da pensare, ad esempio, all’assistenza ai malati terminali), di servizi per le periferie, di strutture sportive, di un teatro (bloccato da decenni) e così via. Ora è troppo facile chiedere “distinzioni” solo perché è scoppiato lo scandalo. Senza voler escludere la bontà del lavoro di alcuni consiglieri, ce ne sono molti altri però che il buon lavoro non sanno cosa sia.

Sono gli stessi che negli anni hanno foraggiato sistemi clientelari, esercitato pressioni indebite (segnalate) dinnanzi ai seggi negli appuntamenti elettorali;  gente che sbraitava contro i lavoratori stagionali a Cassibile e il presunto spreco di soldi per la tendopoli (quell’unica volta in cui si è fatta), ovviamente senza dir nulla sul sistema di schiavismo moderno perpetrato sui migranti con la complice indifferenza delle istituzioni di cui erano parte; gente che sputava illazioni su comunità che, gratuitamente e con spirito di sacrificio e forza di volontà, accoglievano e accolgono gli ultimi, assistevano e assistono umanità abbandonate per le quali nessun consigliere ha pensato di adoperarsi per la nascita, ad esempio, di un dormitorio comunale o per la messa in atto di servizi concreti di assistenza e solidarietà.

Ditemi, allora, se è populista o antipolitico, nella città delle clientele, dell’emigrazione di massa, delle periferie abbandonate, delle solitudini ignorate, della negazione di un libero e meritocratico accesso al lavoro, chiedere spiegazioni al Consiglio comunale su uno spreco assurdo e ingiustificato di risorse pubbliche. Ditemi perché dovete ostinarvi a difendere chi sbaglia, soltanto perché si tratta di un vostro amico, di una persona che stimate o di un vostro compagno di partito e pretendere che nessuno pronunci una parola contro di loro. Di fronte ai bilanci e alle spese per i consiglieri, soprattutto se paragonate a comuni più grandi che spendono centinaia di migliaia di euro in meno, di fronte ai soldi dei cittadini finiti copiosamente nelle tasche soprattutto di alcuni personaggi che non dovrebbero nemmeno sedere in una istituzione, come si fa ad aver la faccia tosta di pretendere silenzio?

Non riesco più a comprenderla questa città, non capisco quelli che preferiscono infuriarsi con le trasmissioni televisive e con un deputato regionale che ha semplicemente fatto il suo dovere, invece di prendersela con coloro che si sono indebitamente appropriati, con una delibera, di una somma spropositata. Si può, per una volta, riuscire a scindere il proprio giudizio morale dall’amicizia personale con chi si trova sotto accusa? Un tempo, ormai lontano, si sarebbe combattuta una battaglia politica durissima. Forse, un tempo, qualche consigliere integerrimo avrebbe denunciato tutto immediatamente, nel rispetto dell’istituzione rappresentata e della cittadinanza. E magari avrebbe sollevato una “questione morale” portandola tra i cittadini secondo i canali della protesta democratica e dell’informazione, invece di parlare a sproposito di antipolitica e lasciare la piazza a gruppetti falsamente indignati, che flirtano con il peggio della politica italiana e che protestano solo perché esclusi dal ricco pasto a base di gettoni.

Al contrario, assistiamo ad una sconvolgente unità, ad una compattezza romantica, trasversale, commovente tra i consiglieri. Gettonopoli ha fatto il miracolo, agendo come un eccellente collante politico a presa rapida. La verità resta fuori dal palazzo e oltraggia la sofferenza silenziosa che striscia nei sobborghi più bassi del tessuto sociale, sobborghi lontanissimi dall’esperienza di una buona politica che imporrebbe un impegno morale, votato all’interesse collettivo e depurato da convenienze personali, clientelari o di partito. D’altra parte, se a Siracusa l’istituzione comunale è stata eletta dal voto di appena il 25% del corpo elettorale qualcosa vorrà pur dire. 

Massimiliano Perna –ilmegafono.org