Sono trascorsi 10 anni dal disastro nucleare di Fukushima. Era l’11 marzo 2011 quando un violento terremoto si scatenò al largo della metropoli giapponese, generando un violento tsunami che distrusse i sistemi di raffreddamento dei principali reattori della centrale nucleare situata sulla costa. Il meltdown completo generato dal malfunzionamento causò 4 esplosioni che danneggiarono l’area e costrinsero il governo ad operare una massiccia evacuazione a causa del materiale radioattivo liberato nell’aria. Secondo alcuni studi, lo stress causato dall’evacuazione che coinvolse circa 180mila persone, causò il decesso di 1600 di esse, senza contare l’alto numero di feriti e l’improvviso aumento di nascite di bambini già morti o con gravi disturbi fisici e mentali registrato dall’OMS, in relazione alle zone dell’incidente.
Ad aggravare il bilancio di questo terribile disastro nucleare, definito il peggiore della storia dopo quello di Chernobyl, sono le migliaia di tonnellate di acqua che sono state impiegate per raffreddare ciò che resta dei reattori, al fine di limitare il rilascio di scorie radioattive nell’aria. Nel corso degli anni si è raggiunta la cifra monstre di 1,23 milioni di tonnellate di acqua reflua radioattiva che è stata stoccata in un migliaio di cisterne costruite nei pressi della centrale nucleare. Nonostante l’acqua venga sottoposta a un processo di bonifica quotidiano, non è stato possibile depurarla dal trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno e le cisterne di raccolta saranno colme entro l’estate del 2022 secondo un rapporto della Tokyo Electric Power (Tepco), ente gestore della centrale.
Per questa ragione, in settimana è arrivata la decisione del governo giapponese di dare avvio, nel giro di due anni, allo sversamento nell’Oceano Pacifico di questa gigantesca massa di acqua radioattiva. A livello internazionale la notizia ha generato non poco scalpore, soprattutto da parte dei paesi limitrofi, con Corea del Sud e Cina a fare da capofila ai paesi che si sono pubblicamente opposti al provvedimento approvato dal governo giapponese, preoccupati per quelle che possono essere le conseguenze per l’economia della pesca e per la salute umana. Il governo giapponese si è difeso sottolineando la bassa nocività del trizio per l’organismo umano, anche se le associazioni ambientaliste hanno fatto notare come non sia possibile prevedere gli effetti di una tale concentrazione di questo isotopo sulla fauna della zona circostante, rilanciando le preoccupazioni espresse dall’opinione pubblica a livello internazionale.
Il dato più preoccupante emerge dalle dichiarazioni effettuate lo scorso febbraio da Rafael Grossi, direttore dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica, che aveva ammesso che il rilascio dell’acqua nell’Oceano Pacifico sarebbe in linea con gli standard internazionali dell’industria nucleare. Dunque, quella che apparentemente sembra una misura di emergenza data dalla contingenza e dalla singolarità della situazione di Fukushima è invece uno standard a livello internazionale per tutte le centrali nucleari che ogni anno sversano in mare tonnellate di acqua depurata ma comunque carica di trizio.
Quello che non è chiaro è quale saranno gli effetti a lungo termine di questa pratica che sta riempiendo di isotopi radioattivi i mari di tutto il mondo. Siamo sicuri che non pagheremo le conseguenze di tutto questo?
Vincenzo Verde -ilmegafono.org
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