È una carezza musicale quella che ci arriva da La Jacquerie, band perugina nata nel 2016 dall’incontro casuale tra due musicisti e oggi composta da quattro elementi. La Jacquerie ha appena fatto il suo esordio discografico con un EP intitolato “Il Mare” e distribuito dall’etichetta (R)esisto. Un disco che mette insieme il repertorio originale della band, sperimentato grazie a tre anni di live e al lavoro in team con La Cura Dischi di Perugia, per una produzione che ne valorizzasse il suono e le scelte stilistiche, con l’intento di evidenziare i saperi e le qualità di una band già molto attiva sul territorio. Un esordio che lascia intuire una precisa ricerca di suoni e canali espressivi, con musica, parole e testi che si avvicinano moltissimo alla canzone d’autore italiana, a volte anche allo “spoken word” di Ferretti o dei Massimo Volume o de Il Teatro degli Orrori, usando il timbro caldo e profondo della voce.
Molto interessante la scelta di aprire la quarta traccia con un canto extraeuropeo, per arricchire la commistione di etnie e ispirazioni che hanno contribuito a creare questo loro primo lavoro. Molto azzeccato inoltre è l’utilizzo consapevole della propria creatività melodica e tematica, sia per quanto riguarda i commenti prettamente strumentali che l’uso delle parole nei testi. Quello de La Jacquerie è un post-rock d’autore, come lo definiscono loro stessi per indicare questa loro capacità di creare contaminazioni e di allargare i confini dei generi trattati. Fra soli di chitarra interessanti, un basso che si fa apprezzare e interessanti dialoghi con gli ottoni, i La Jacquerie (che abbiamo ospitato nell’ultima puntata di “The Independence Play”, la nostra trasmissione radiofonica) ci servono questo EP su un piatto d’argento, pronto per essere gustato.
La Jacquerie, da un punto di vista strumentale sembra ispirarsi al mood dei Doors e dimostrano di aver ascoltato e apprezzato molto tutto il filone di quel glorioso rock anni ‘70, così come la musica d’autore italiana di quello stesso periodo. Ci sono infatti tratti nostalgici che si mischiano con sperimentazioni più attuali. Il tutto è avvolto in sonorità indie rock che, in molti brani del disco, sia per gli elementi di modernità e complessità delle ritmiche, sia per la scelta di chiare influenze e contaminazioni (dal desert blues alla folk-world music) e per l’uso inatteso dei fiati negli arrangiamenti, danno colori e atmosfere che aggiungono il “quid” in più che lascia un po’ stretta qualsiasi definizione o categoria di genere. Forse la scelta di inserire la distorsione della chitarra elettrica sembra in alcuni brani un po’ forzata, ma i La Jacquerie sono solo all’inizio del loro percorso musicale. Di sicuro, però, hanno dei tratti caratteristici identificativi ben precisi che li inseriscono con decisione all’interno di una nicchia definita.
Ci auguriamo che le scelte artistiche che denotano personalità per tutti coloro che hanno scelto di percorrere il proprio “fuori pista” siano sempre più apprezzate dai fruitori di musica e che cresca la curiosità di scoprire sempre di più realtà musicali come questa. Quattro musicisti con una linea precisa, per veicolare messaggi che si orientano verso una propria ideologia che si fa spazio dentro suoni e parole. Un buon esordio, dunque, per i La Jacquerie, che adesso sperano, come tutti, di poter tornare presto ad esibirsi in locali e club per dare a questo primo disco uno sbocco live.
Federica Formica -ilmegafono.org
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