Le pagine della nostra cronaca nera, o comunque a tinte fosche, annoverano tra i suoi pericolosi protagonisti anche quei “rifiuti speciali” balzati alla ribalta soprattutto per merito della Terra dei Fuochi. Per rifiuti speciali s’intendono materiali di scarto derivati prettamente dalla produzione industriale e si differenziano in rifiuti speciali “Non pericolosi” e “Pericolosi”. Alla prima categoria appartengono gli scarti provenienti da demolizioni edili e dal settore manifatturiero, mentre al secondo gruppo, decisamente più nocivo, appartengono sostanze tossiche derivate dalle raffinerie e dalla lavorazione del petrolio, dall’industria metallurgica, tessile, conciaria, dalla produzione di medicinali e, ovviamente, dal trattamento e smaltimento dei rifiuti.
Secondo un’indagine condotta dall’ISPRA-Istituto Superiore per la Ricerca e l’Ambiente, nonostante l’aumento dei rifiuti tossici, pari al 5% rispetto al 2014, si è verificato un incremento del 3,3% della capacità di smaltimento degli impianti del nostro Paese, attestando l’Italia tra gli stati europei più virtuosi in tal senso. La quantità di rifiuti speciali prodotti in Italia è decisamente superiore rispetto ai rifiuti ordinari. I motivi sono da ricercare nell’aumento delle attività legate alla costruzione e demolizione o al trattamento dei rifiuti. Resta stabile la situazione dei rifiuti pericolosi, particolarmente legati alla produzione manifatturiera e alle attività di risanamento ambientale, oltre che ai trasporti.
Di fronte a questa situazione, tuttavia, la buona notizia è che nel 2014 sono stati riciclati e smaltiti più rifiuti rispetto a quelli prodotti, in una proporzione pari a 133,8 milioni contro i 130 milioni del 2013. In cima ai metodi per riciclare al meglio i rifiuti speciali si trova il recupero di materiali utili (62,4%), settore in cui l’Italia, con il 75% dei rifiuti speciali smaltiti, si colloca ai vertici europei, seconda soltanto a Belgio, Slovenia e Germania.
Altro dato positivo è anche il calo dell’esportazione dei rifiuti speciali, che richiede costi piuttosto elevati. Dal 2013 al 2014 si è passati da 3,4 a 3,2 milioni di tonnellate di rifiuti esportati, con un aumento della capacità di fare business sui rifiuti da parte del nostro paese. I nostri rifiuti speciali sono destinati principalmente alla Germania, alla Cina e alla Grecia. In particolare, alla Germania vengono inviati soprattutto rifiuti speciali pericolosi, proprio per la presenza di impianti all’avanguardia soprattutto nella Baviera. Alla Cina sono invece destinati soltanto rifiuti non pericolosi, mentre la Grecia riceve “ceneri leggere di carbone” da sfruttare prettamente nell’edilizia.
Il punto debole del nostro paese restano invece gli pneumatici, che rappresentano ancora un problema per gli impianti nostrani, così come l’amianto, che, come sostiene l’Ispra, rappresenta un ambito ancora da verificare. Sembra, tuttavia, che il trend relativo alle demolizioni di strutture in amianto stia diminuendo, un’ipotesi ancora incerta vista l’assenza di dati. Non facciamo bella figura neanche sul versante dello smaltimento delle automobili, che spesso giacciono ai margini dei centri urbani inquinando ambiente e paesaggio. La strada da percorrere, è il caso di dirlo, sembra ancora lunga, ma i fatti testimoniano che, per una volta, abbiamo le carte in regola per dare il buon esempio al resto d’Europa.
Laura Olivazzi -ilmegafono.org
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