Lo spreco alimentare nel nostro pianeta ha raggiunto cifre abominevoli: secondo la Fao, ogni anno si buttano 1,3 miliardi di tonnellate di avanzi, pari a un terzo dell’intera produzione di cibo mondiale. In Italia, lo spreco annuale ammonta a 6,5 milioni di tonnellate, pari a 108 chilogrammi pro-capite, una cifra inferiore rispetto alla media europea, ma pur sempre preoccupante. Soprattutto se si considera che la distribuzione delle risorse alimentari è fortemente diseguale: approssimativamente nel mondo ci sono 800 milioni di persone che soffrono la fame.

Negli ultimi venti anni il numero delle persone che vivono una situazione di  “fame cronica” è diminuito di 130 milioni, ma dal 2007 i progressi fatti nella lotta alla malnutrizione e alla sottonutrizione hanno registrato una battuta d’arresto. Ecco perché iniziative come la “Giornata nazionale di Prevenzione dello Spreco alimentare”, organizzata dal Ministero dell’Ambiente italiano per la prima volta il 5 febbraio scorso, sono sempre più necessarie, in particolare nei paesi sviluppati e industrializzati.

La prima consulta del Pinpas, il Piano Nazionale di prevenzione dello spreco alimentare, ha riunito a Roma i protagonisti della filiera agroalimentare italiana, dalle aziende alle associazioni di produttori e consumatori, dalla Confindustria alla Confcommercio, dalla Caritas ad Acli, con la partecipazione anche di Fao ed Expo. “Quella degli sprechi alimentari – ha affermato il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando – è una grande questione sotto due profili: il primo è lo spreco di risorse ambientali utilizzate per produrre i beni che poi vanno persi, il secondo è il costo che hanno per la collettività i prodotti sprecati diventando rifiuti. Si tratta, quindi, di un problema non solo di carattere sociale ed etico ma anche economico. Oggi stiamo parlando di un grande progetto di green economy che può produrre riduzione dello spreco, occupazione e innovazione nella ricerca. Insomma, qui la green economy è la capacità di fare di più sprecando di meno”.

Sono diverse le proposte per ridurre gli sprechi nel nostro Paese: dalla predisposizione di packaging migliori e più fruibili per gli alimenti alla riduzione delle tasse per le imprese che recuperano le eccedenze fino al potenziamento delle vendite “last minute” dei supermercati. Un vecchio “trucco” che però funziona sempre è “la lista della spesa”: in Italia più di un cittadino su due la fa prima di entrare al supermercato. Ed è anche grazie ad essa che il nostro Paese sta riducendo gli sprechi, collocandosi al di sotto della media europea.

Giorgia Lamaro -ilmegafono.org