Che il 2015 sia stato l’anno più caldo di sempre non è certo una novità, basti pensare alle temperature torride che hanno caratterizzato la scorsa estate. Il trend caldo, tuttavia, sembra persistere anche per il 2016, tanto che, nel mese di febbraio, è stato registrato un nuovo record globale di alte temperature, e a pagarne le conseguenze è la calotta polare artica. Secondo il National Snow and Ice Data Center dell’Università di Boulder in Colorado (NSIDC), infatti, la calotta artica si è particolarmente ridotta nel corso di questo inverno, al punto che i ghiacci del Polo Nord, nel mese di marzo, misurano soltanto 14,52 milioni quadrati di kilometri stando alle stime raccolte a marzo, ridotti di 1,6 milioni rispetto a trentacinque anni fa e di 13000 kilometri quadrati rispetto al 2015.
Il processo di disgelo in corso continua ininterrottamente dal 1979, facendo perdere estensione alla calotta polare artica. La tendenza è piuttosto stabile e non mostra segni di cedimento, purtroppo. I ghiacci costituiscono già di per sé un territorio variabile a seconda delle stagioni, con diminuzioni d’estensione rilevate in estate e nuovi ampliamenti d’inverno, ma negli ultimi anni quelle che dovrebbero essere attestate come stagioni fredde hanno mostrato tutta la fragilità alla quale l’ambiente è stato costretto.
Secondo Massimo Frezzotti, esperto ENEA nelle regioni artiche e antartiche, uno dei fattori che va tenuto in maggiore considerazione nel controllo delle zone polari è lo spessore dei ghiacci che, a sua volta, fornisce dati importanti sull’inerzia termica. Gli ultimi dati raccolti in merito destano comunque preoccupazioni: il Polo Nord si assottiglia ogni anno di circa 6 cm, arrivando ad uno spessore di circa un metro, un abisso rispetto ai 3 metri e 59 del 1975. Il direttore della NSIDC, Mark Serrezze, afferma di non aver mai rilevato un inverno così imprevedibile nella regione artica, denunciando temperature aumentate addirittura di 12 gradi in alcune aree prese in analisi, come ad esempio la regione a nord delle isole Svalbard.
I segnali lanciati dai due poli, tuttavia, hanno incoraggiato ed incrementato il mercato delle energie rinnovabili, tanto che nel 2015 non si è verificato un aumento delle emissioni di CO2. La situazione del nostro paese sembra però essere sprofondata di nuovo in una fase di stallo, tanto che i comitati del “Sì” al referendum contro le trivellazioni in mare, previsto per il 17 aprile, hanno riportato a galla la questione. Con la speranza di non doverci preoccupare di un futuro in cui restare a galla sulle acque dei mari in costante aumento non sia un’impresa impossibile.
Laura Olivazzi -ilmegafono.org
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