“Nessun luogo in cui rifugiarsi: la violenza contro le donne nel conflitto in Iraq” è il titolo del nuovo rapporto del Ceasefire Centre for Civilian Rights and Minority Rights Group International dedicato alle donne irachene. Secondo l’analisi, 14 mila donne hanno perso la vita in atti di violenza in Iraq dal 2003 ad oggi. Le violenze più efferate sono aumentate però negli ultimi due anni, a seguito dell’avanzata dei jihadisti islamici.
Da paese simbolo nella regione per l’attenzione alla condizione femminile, l’Iraq nel giro di 12 anni si è trasformato in un inferno per le donne. Condotte per questioni politiche, “morali” o settarie, violenze e abusi contro le donne sono diventati “un’arma di guerra usata da tutte le parti interessate dal conflitto”. Le donne sono vittime due volte del conflitto: se, infatti, muoiono negli scontri armati e nei bombardamenti, sono diventate anche “bersagli” delle milizie in guerra che hanno commesso “stupri ed esecuzioni di massa” di donne colpevoli di aver trasgredito i loro “codici morali”. Tutto questo nella più totale impunità.
Secondo il documento, sono migliaia le donne e le ragazze che sono state costrette a forme di schiavitù sessuale: oltre 3 mila soltanto quelle catturate dai miliziani dello Stato islamico nel 2014, vendute, o di cui non si ha più alcuna notizia. Negli ultimi tempi si è parlato molto delle aspiranti “jihadiste del sesso” straniere che si recano in Iraq e in Siria per unirsi ai combattenti dello Stato islamico: un duro colpo per l’emancipazione femminile di cui si gloria l’Occidente. Le jihadiste occidentali spesso mirano ad entrare nella polizia religiosa, composta esclusivamente da figure femminili e deputata a far rispettare le rigide norme della Sharia (la legge islamica): insomma donne che puniscono altre donne.
Anche questo fa parte della realtà irachena. “Le donne sono state tradite dal contesto politico, legale e culturale del paese, che permette a chi commette violenza di muoversi liberamente, e stigmatizza o punisce al contrario le vittime: dopo aver subito una violenza una donna non ha alcun posto in cui rifugiarsi”, conclude il rapporto del Ceasefire Centre.
L’organizzazione invita quindi il governo iracheno, quello della regione autonoma del Kurdistan e l’intera comunità internazionale a prendere misure immediate contro la violenza sulle donne: a Baghdad si chiede di riformare il codice penale, includendo pene per stupri e molestie sessuali e cancellando l’articolo che permette ai violentatori di sfuggire alla giustizia sposando le proprie vittime. Alla comunità internazionale invece si chiede soprattutto di “fermare il traffico di armi e il finanziamento ai gruppi che si macchiano di crimini contro le donne”.
G.L. -ilmegafono.org
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