La musica come strumento per resistere al caos che governa il nostro tempo e le nostre emozioni, la manifestazione creativa di un’urgenza vitale, umana, quella di orientarsi e mettere ordine dentro di sé. Un’urgenza che ha preso forma nell’opera di Marco Russo, bravo cantautore catanzarese, formatosi musicalmente a Salerno e ormai trapiantato a Roma: il 17 gennaio scorso, infatti, con l’etichetta MZK Lab, è uscito il suo nuovo album, intitolato “Mosche”. Otto tracce molto gradevoli e profonde che raccontano storie di vita vissuta, quella personale di un ragazzo cresciuto al Sud e poi partito alla ricerca di sé, un po’ come accaduto a tanti di noi.

Storie che, pertanto, diventano universali, riconoscibili, nel senso che ci spingono a immedesimarci, a immergerci nei ricordi, nelle ansie, nelle solitudini momentanee, negli amori, nelle delusioni e nei dissidi interiori, nelle speranze e nella capacità di adattarsi. Un album che, partendo dalla complessità, ci induce con leggerezza a ricercare la bellezza nel caos, a cavalcare l’onda di questo tempo, mantenendo la propria autenticità, senza smarrirsi in mezzo ai mali del mondo (evocati con durezza nella track-title Mosche).

Dal punto di vista musicale, la linea melodica è molto piacevole, parte da una base funky, che poi si mescola con sonorità rap e altre pop, con riferimenti sia alla tradizione del cantautorato italiano sia al più moderno panorama indie. Un bel mix, un caos avvincente che trova il giusto equilibrio tra leggerezza e profondità, sfuggendo al banale e mantenendo una identità precisa.

Quello di Marco Russo (che abbiamo ospitato nell’ultima puntata di “The Independence Play”, la nostra trasmissione radiofonica) è dunque un album molto piacevole all’ascolto, capace di suggerire riflessioni profonde e, al contempo, spingerci a canticchiare le sue melodie. Un disco pulito, sincero, fresco, di cui sinceramente avvertivamo il bisogno.

Redazione Musica -ilmegafono.org

La copertina dell’album “Mosche”