Umano è il bisogno di farsi ascoltare e di tirar fuori le visioni e le fragilità di un artista, costretto a vivere in un mondo opprimente, chiuso, ipocrita, nel quale troppo spesso si rinuncia a prendere posizione e ci si accomoda in una diffusa indifferenza. A questo bisogno profondo risponde la musica di Pardo, cantautore mantovano di origine boliviana che, lo scorso 15 novembre, ha pubblicato il suo omonimo disco d’esordio, uscito con l’etichetta Maninalto! Records. Nove tracce intense per un racconto intimo che affronta le emozioni quotidiane, quelle personali e quelle che derivano dai macro-problemi che attanagliano il mondo.
Si parla di amore e di assenze, di etichette ipocrite e di cattiva politica, e inevitabilmente di guerra e dell’orrore che essa provoca. Un disco che, attraverso dei testi ben scritti, celebra la musica e l’arte e il ruolo che dovrebbero avere, ossia quello di sensibilizzare, di esprimere una posizione, al di là delle etichette che cercano di definire un genere. A tal proposito, proprio l’eterogeneità del sound è un tratto caratteristico e molto interessante dell’album di Pardo, perfettamente coerente con l’idea di questo bravo artista.
La struttura sonora di partenza è un rock che spesso sconfina nel punk, ma lungo la tracklist il sound assume un contorno più cantautorale, toccando però anche altri generi, grazie anche ai tanti featuring che accompagnano questo disco. Dai Punkreas a Raffaele Kohler, da Francesco Fry Moneti dei Modena City Ramblers a Daniele Goldoni, fino al rapper Fabien PH: una bel ventaglio di collaborazioni che arricchisce il disco e lo libera da una banale categorizzazione. Quello di Pardo (che abbiamo ospitato nell’ultima puntata di “The Independence Play”, la nostra trasmissione radiofonica) è dunque un bell’esordio, che traccia una direzione e che, si spera, possa trovare il giusto spazio anche in futuro.
Redazione Musica -ilmegafono.org
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