Nell’epoca in cui viviamo, è molto difficile trovare punti di riferimento per orientarsi in mezzo al caos e ai continui cambiamenti. Qualcosa che non tocca solo i rapporti umani o il modo in cui cerchiamo di rapportarci al quotidiano, ma riguarda il mondo intero e i suoi processi economici, sociali e culturali. Siamo immersi in un mondo complesso, in cui per muoverci andiamo alla ricerca di quelle piccole certezze quotidiane che ci rassicurano, ma che spesso non sono la soluzione migliore. Sarebbe meglio. ogni tanto, osare, cercare nuovi stimoli, prendere quello che può accadere, affidarsi insomma alla “puodarsità”.
Ne è convinto l’autore di questo neologismo che, chissà, magari un giorno troveremo nel dizionario. Lui è Kama, nome d’arte di Alessandro Camattini, cantautore lombardo che ha appena pubblicato il suo nuovo disco, il terzo in carriera, intitolato “Dalla certezza alla puodarsità”. Un album (uscito con Moquette Records) “anagrammabile” e, dunque, capace di offrire sempre un’alternativa, persino nel titolo, che ufficialmente può essere anche “Ad Altre il Paracadute Sollazza”. Già dal titolo e da questa scelta si evince che la scrittura, usata con sapienza, è uno dei punti di forza di questa produzione discografica. In effetti, i contenuti sono ben strutturati, i testi sono intelligenti, le rime e la metrica danno ritmo a tutte le 13 tracce e rendono onore alle questioni trattate.
Kama scrive e canta in faccia al nostro tempo, mette a nudo le debolezze, le incoerenze, la falsità, i vizi, dissacra l’immagine del nostro Paese, la riporta alla sua realtà cruda, toccando la politica, l’informazione, il modello di società dominante. Ma Kama parla anche di se stesso, della sua generazione, di amore, musica, di perdite e memoria. Tutto questo viene reso, a livello musicale, con una certa libertà stilistica, sfuggendo alle etichette, ai confini di un genere. Kama segue la sua vena creativa, la sua voglia di fare musica senza seguire i canoni. Mette da parte ogni impostazione e costruisce i pezzi seguendo la sensazione di un istante, come lui stesso ha spiegato: “I brani sono cresciuti mano a mano che si aggiungeva un ritmo, una sequenza, una linea di basso. Ho provato a cancellare tutto quello che so della musica, tutte le mie certezze per avere un approccio più libero, senza pensare troppo alla durata o ai modelli standard di canzone”.
Nel suo album, Kama mette dentro strumenti analogici, suoni ambientali e suoni digitali, a seconda dell’esigenza del momento. Così, se è vero che la linea sonora di fondo è un pop-rock di matrice indie, il confine presto si perde, si smarrisce, si mescola con suoni ed effetti che riportano a generi molto diversi tra loro: dalle variazioni alternative al synth-pop, dal freestyle hip-hop alle inflessioni proprie del cantautorato e della musica d’autore. Quello di Kama (che abbiamo ospitato nell’ultima puntata di “The Independence Play”, la nostra trasmissione radiofonica) è dunque un disco più complesso di quello che potrebbe apparire fermandosi al titolo o agli anagrammi. Un disco robusto, intelligente e ricco di sperimentazioni. Un insieme di testi e musica che resta impresso, tirandosi fieramente fuori dalla banalità alla quale forse ci stiamo abituando troppo. Merita di essere ascoltato e preso in considerazione.
Redazione -ilmegafono.org
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