Sin dal principio, dai giorni in cui nel nostro Paese si affacciava la drammatica prima ondata di Covid, erano evidenti gli errori gravi compiuti nella narrazione dell’emergenza. Da un lato, l’Oms che inizialmente sminuiva, cercando di evitare allarmismi, dall’altro chi invece ossessivamente costruiva paure, creando panico e suggerendo l’impressione che saremmo morti tutti, che il virus avrebbe contagiato l’intera umanità. Nessuna mediazione, né da una parte né dall’altra, un’orgia di pareri discordanti, spesso contraddittori, confusi, superficiali. I virologi divenuti star di una battaglia che ha da subito creato assurde fazioni, tifoserie e idoli della curva, in una ossessiva discussione che, dalle accademie, si trasferiva per strada, nei bar, nelle case, sui social. In questo delirio, si è infilata la solita orda di complottisti nostrani, ingoiatori e vomitatori di fake news, spesso rancide e già impastate nel passato da abili speculatori, ma spacciate per nuove, adattate alla bisogna, confezionate per la politica di infimo ordine, per populisti, fenomeni da baraccone, movimenti falsamente civici e imbottiti di estremisti di destra, ultras, antiabortisti, ecc.
Abbiamo visto di tutto e per questo sarebbe sbagliato ora scaricare sulla gente ogni colpa, come adesso in qualche modo la politica e i media stanno facendo, commettendo un errore imperdonabile. Quello che sta accadendo ora che, con le vaccinazioni, dovremmo avere un po’ di lucidità in più, è inaccettabile e pericoloso. Da un lato e dall’altro. Sia per i toni, sia per le conseguenze che una tale situazione potrebbe avere. Una premessa è doverosa: chi scrive non è un fanatico dei vaccini, ma si fida della scienza, è vaccinato e consapevole dell’utilità della vaccinazione come deterrente al contagio e soprattutto alle manifestazioni letali del virus e ai rischi di ospedalizzazione. Allo stesso modo, chi scrive non accetta la logica dell’obbligo per gli under 20, così come non condivide l’idea del green pass o del bombardamento mediatico come soluzione e incentivo alla vaccinazione. Detto ciò, però, non è nemmeno possibile assistere, dall’altro lato, alle indegne manifestazioni di free vax e no vax che usano la piazza per fare disinformazione e trasformare in marcio tutto ciò che è dentro quello che loro ritengono sistema e in verità assoluta tutto ciò che da quel sistema è rimasto escluso.
Questa logica è tossica, è la stessa per la quale i giornalisti sono tutti servi, tutti venduti, tutti prezzolati, dimenticando le colleghe e i colleghi che, per pochi soldi, cercano di raccontare la verità oggettiva subendo in silenzio aggressioni, intimidazioni, violenza. Spesso proprio da chi va nelle piazze a parlare di “dittatura sanitaria”, urlando lo slogan “libertà, libertà”, la stessa che loro negano a priori, spesso con metodi violenti, a chiunque non sia dalla loro parte e non la pensi come loro. Poco importa dire che dentro i cortei non ci sono solo no vax e qualunquisti ma anche persone serie che si sono vaccinate ma contestano le scelte recenti compiute dal governo Draghi. Poco importa, perché se queste persone non sono capaci di isolare e mettere in un angolo chi paragona vergognosamente il green pass alle leggi razziali, chi aggredisce i giornalisti o nega l’esistenza del Covid, allora peggio per loro se i loro dubbi e le loro ragioni non trovano ascolto. Dovrebbero guardarsi meglio intorno e selezionare meglio i propri compagni di piazza.
Ancor più grave è il gioco delle destre politiche, che cavalcano gli slogan senza mai produrre una soluzione, senza mai porre una domanda intelligente, un dubbio ragionevole. Non ce la fanno. Non ne hanno le basi. I leader delle destre, infatti, sono lontanissimi da una qualsiasi forma di spessore culturale e politico e questo li porta a tuffarsi nel torbido. In questo marasma, dall’altra parte, nel campo di coloro i quali si pongono come il gruppo dei responsabili, c’è invece un fastidio eccessivo verso quei pochi che pongono domande serie. Il Green Pass è diventato il vessillo, l’unica cosa alla quale collegare le nostre possibilità di salvezza. Raccontato così sembra come una panacea che poi, a ragionarci bene, non serve a molto, oltre a creare non pochi problemi sul piano del diritto, soprattutto per quel che riguarda i lavoratori (cosa molto più seria della questione dell’ingresso in bar, ristoranti o cinema).
Inoltre, esso è fortemente condizionante per i più giovani, che si stanno vaccinando per non perdere di nuovo il diritto a vivere senza essere tacciati di superficialità o incoscienza. Questo nonostante il Green Pass non serva affatto a certificare la propria immunità rispetto al Covid. Perché i vaccini non impediscono il contagio del virus, anche se certamente ne riducono l’impatto e le conseguenze più gravi. Un concetto, quest’ultimo che certamente andrebbe ribadito a chi governa e prende le decisioni, ma che bisognerebbe spiegare anche agli scettici e soprattutto ai no vax, che pensano che per combattere il Covid bastino una dieta sana, qualche farmaco, qualche cura sulla cui maggiore efficacia non esistono conferme scientifiche o la cautela (questo fino a quando non se lo beccano e, d’improvviso, cambiano idea). Il fatto è che, in Italia, per entrambe le fazioni che (cosa assurda) si sono create, esiste un problema duplice.
Innanzitutto, c’è una questione di debolezza delle istituzioni. Non era bello vedere un premier (Conte) decidere e fare annunci in conferenza stampa, gestite come un one man show, un precedente che, chi scrive, ha sempre criticato e definito preoccupante. Ma quantomeno erano decisioni. Era uno Stato che, dopo una prima fase difficile, si assumeva un compito. Anche se spesso con scelte non condivisibili e impopolari, che però magari venivano corrette. Oggi siamo dentro uno Stato che non si assume più alcuna responsabilità e la scarica su una popolazione sempre più rabbiosa e perennemente insofferente, anche per via della confusione che la comunicazione nevrotica e spesso sconclusionata di questo anno e mezzo ha creato. La sensazione è che si inseguano più numeri buoni per un po’ di autocelebrazione (vedi generale Figliuolo), che buone pratiche razionali.
Sentire che, a fronte di molti soggetti fragili, adulti e anziani non ancora vaccinati, si pensa di obbligare i giovani, che sono quelli meno a rischio di contrarre il Covid in forma grave, ad assumere un vaccino sui cui effetti a lungo termine non vi sono certezze né coperture da parte dello Stato in termini di responsabilità e risarcimenti, significa tastare con mano l’incapacità di questo Paese di mostrarsi maturo e responsabile. Sarebbe molto più logico, allora, obbligare gli adulti che non si sono ancora vaccinati a farlo per proteggersi, per attutire gli effetti di un potenziale contagio e liberare i giovani dall’ennesimo fardello. Insomma lo Stato faccia lo Stato, ma aggiusti la mira, perché altrimenti finisce per fare il gioco di chi soffia sul fuoco della sfiducia e della disinformazione.
Il secondo problema, invece, è di memoria. Perché qualcuno, qui in basso, ha dimenticato i morti. Persino a Bergamo, le immagini delle bare sono diventate sfocate (per non parlare di chi le considera una messinscena). I morti non esistono più. Eppure sono stati quasi 130mila in Italia. Lontani e vicini. Ma questo Paese non ha memoria e senza memoria non esiste cultura e si rischia il baratro. Senza memoria è più facile sostenere tutto. Più facile credere alle fantasie complottiste (il chip, Bill Gates, gli aghi dentro i vaccini,ecc.). Si può persino continuare a sostenere quella volgare logica, molto nazista, per la quale tanto muoiono gli anziani e i soggetti fragili, gente che sarebbe morta lo stesso. Come se un 65enne diabetico o un 80enne o una 40enne che ha superato un tumore abbiano meno diritto di vivere. Chi scrive conosce persone vicine che sono state ospedalizzate, con ossigeno, e sono persone che conducevano vite sane e attive, con famiglie, figli, impegni. Secondo quale criterio, ce lo spieghino i negazionisti, avrebbero meritato di morire o di vivere meno di qualcun altro?
La verità è che questa pandemia sta solo mettendo in rilievo ciò che già fluiva, grumoso e silente, nel cinismo e nell’egoismo quotidiano del mondo pre-Covid. Sta mettendo in risalto l’ignoranza degli uni e l’arroganza degli altri, la decadenza populista del Paese e l’incapacità di ascolto, un po’ snob e un po’ vigliacca, della sua classe dirigente. Il narcisismo da salotto tv, l’incapacità di una parte dell’informazione di essere coraggiosa e rigorosa, l’essere fieri oppositori del fantomatico sistema finché conviene e poi, quando conviene l’opposto, mutare posizione per ricamare consenso elettorale. La pandemia non ha risolto nulla, ma ha accentuato tutto. Che non ne usciremo migliori, né come Paese (cultura, sanità, istruzione, economia, welfare) è già un dato di fatto. Speriamo però di non uscirne irrimediabilmente sconfitti come individui e come comunità democratica. E se dovesse avvenire, non sarà certo per colpa del virus.
Massimiliano Perna -ilmegafono.org
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