Se c’è una cosa di cui aver paura sono i duri e puri. Nulla di nuovo. Una storia vecchia almeno quanto il Vangelo, dove tutti coloro che si auto incensano sono messi in ombra rispetto a coloro che si riconoscono peccatori. Avete ragione. Abbiamo scomodato concetti un attimo troppo alti o un tantino “buonisti”. Scusate, abbiamo sbagliato. In realtà bisogna essere integerrimi, inflessibili. Proprio come sono i tratti somatici tipici dell’italica stirpe. Un tempo nordica, di chiare e orgogliose origini celtiche, ora raffazzonata con un centinaio di etnie diverse.

Insomma bisogna tenere la barra dritta (non quella che pensate voi) e cavalcare gloriosi nella difesa dei nostri valori. Valori che riassumeremmo nell’edonismo sfrenato dei nostri nonni greci, nel godereccio raziocinio dei padri romani, nell’integrità marmorea dell’Inquisizione, nei valori di unità del Risorgimento e nel campanilismo più ostentato. No. Non proprio. Allora bisognerebbe prendere ad esempio la Lega (il sito è ancora leganord.org, ma solo perché il tecnico del sito, meschino, era di Timbuctu). Ed essere così, duri e puri.

Al punto da difendere la legalità dall’invasione dei barbari via mare e propugnare la legittima difesa sempre (ci piace pensare a uno slogan cubano-longobardo “hasta la legittima difesa siempre”). Su questa linea non si fanno sconti a nessuno. Da sempre. Belsito e Bossi, infatti, secondo l’accusa nel processo che li ha riguardati, opportunamente intascavano 56 milioni di euro e in nome del nord indipendente trasferivano i fondi un po’ per le spese correnti del legalissimo senatur e un po’ in Tanzania che, saranno pure mezzi neri, ma stan ben zitti.

O ancora, così duri e puri da difendere la legalità in Sicilia, dicendo di non volere i voti dei mafiosi, ma avendo due dirigenti della Lega ai domiciliari per voto di scambio e qualche altro indagato per lo stesso reato. Nell’ambito della legale contrattazione delle parti, a quanto pare, ed ispirati ai più fervidi principi del diritto romano, essi scambiavano equamente preferenze e posti di lavoro. Nulla da eccepire e infatti nessuno pare si sia lamentato.

Se poi a qualcuno di voi venisse in mente che queste sono solo parole, allora andatevi a vedere quanto alacremente Matteo Salvini difenda, manu militari e lancia in resta, i nostri confini. È così impegnato che, giustamente, ha declinato per diverso tempo l’invito (pare sia quasi quotidiano) del Parlamento Europeo che pure, meschino, gli riservava sempre un seggiolino ben pagato.

Nelle pause dalla lotta senza quartiere al vile traditor, il prode Matteo che non vuole i voti della mafia ha trovato il tempo per un’alleanza con un signore oggi considerato per bene e un tempo additato come “condannato” e oggetto di sberleffi (assieme al PD) proprio da parte di questo giovane milanese sovrappeso e barbuto che amava indossare felpe. Quando non interloquiva con lui ad Arcore, siglava patti nel nome dell’indipendenza dell’italica gente e per difendere gli italiani, che arrivano prima degli italiani, che arrivano prima di altri italiani in una maratona senza fine.

Lo faceva proprio con quel Cavaliere che tanto aveva dileggiato e al quale sperava (e forse spera ancora) di sottrarre il trono della destra. Lo faceva con quel Cavaliere che ha fondato un partito insieme al sor Marcello, un soggetto condannato in via definitiva per mafia e in primo grado nell’ambito della indecente trattativa Stato-mafia. Alla faccia della purezza.

PennaBianca -ilmegafono.org