Lo scorso 21 marzo è stata la Giornata Internazionale delle Foreste, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Un’occasione per promuovere la consapevolezza sul valore delle foreste e dei sistemi urbani ecosostenibili. A distanza di qualche settimana, Greenpeace redige un nuovo rapporto, intitolato “Alberi immaginari, distruzione reale”, che mette in luce la situazione delle foreste brasiliane. Sembrerebbe che il legname proveniente dall’Amazzonia brasiliana sia legato a violazioni dei diritti dei popoli indigeni, delle comunità locali e delle leggi ambientali del Paese.
Un esempio è l’Ipè, considerato uno dei legni più duri al mondo. Questo materiale è prodotto nello stato brasiliano del Parà e il suo principale impiego è come parquet da esterni. È proprio in questi casi che la mafia del legno può penetrare in profondità nella foresta ai danni di popolazioni indigene, comunità locali e a discapito della biodiversità. Si parla, infatti, di un valore commerciale di 2.500 dollari per metro cubo, una volta trasformato in pavimentazione o rivestimenti.
È stato dimostrato da un’indagine che gli inventari forestali possono essere facilmente falsificati. Non è un caso che venga dichiarata la presenza di un numero di alberi di valore commerciale superiore a quello reale, oppure che delle specie arboree di scarso valore commerciale vengano spacciate per pregiate. Tra marzo 2016 e settembre 2017, undici Paesi dell’Ue hanno importato circa 10 milioni di metri cubi di Ipè dalle aree a rischio.
“Sulla base di questi dati falsificati, le agenzie statali rilasciano dei permessi che autorizzano a tagliare una quantità di Ipè che è di fatto superiore a quella realmente esistente – spiega Martina Borghi, della Campagna foreste di Greenpeace Italia -. In questo modo, gli alberi realmente esistenti vengono tagliati e la mancanza di quelli dichiarati, ma effettivamente inesistenti, viene compensata prelevando Ipè da terre indigene, aree protette o terre pubbliche. I permessi vengono poi consegnati alle segherie, che finiscono quindi per lavorare ed esportare legname tagliato illegalmente”.
L’appello di Greenpeace verso il governo brasiliano e le autorità degli stati dell’Amazzonia brasiliana che producono legname si basa principalmente su tre punti: rimodellare tutti i piani di gestione forestale; interrompere quelli che si basano su inventari forestali fraudolenti; e implementare un sistema di controllo e autorizzazioni che sia veramente trasparente e centralizzato.
Veronica Nicotra -ilmegafono.org
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