L’attuale “non crisi” di governo ci dimostra una serie di punti che è interessante sottolineare. Il primo è che sicuramente Renzi si aspettava di perdere, sapeva cosa dire e come organizzarsi. La scelta lampo del nuovo primo ministro, così come le voci sulla sua identità circolate sin da subito, ne sono testimoni oculari. Secondo, quando sapeva di perdere Renzi ha continuato sulla sua strada. E se forse da principio sperava di vincere e quindi di non dover rassegnare le dimissioni, da ultimo la vera partita che doveva combattere era ed è all’interno del partito dove, al momento, non esiste ancora un leader in grado di impensierirlo.
Renzi si presenterà al congresso del Pd potendo dire che, da solo, contro anche parte del suo partito, è stato in grado di ottenere un risultato straordinario che, se confermato alle elezioni, garantirebbe la maggioranza nel parlamento. Poi si può parlare di percentuali e di composizione del consenso, ma intanto il dato, presentato così, sembra abbastanza incontrovertibile. Che poi, malignamente, si può anche pensare che la sconfitta al referendum possa essere stata l’occasione d’oro per prendere i proverbiali due piccioni (non ce ne vogliano i rappresentanti degli schieramenti che si citano): liberarsi dai lacci e lacciuoli di una maggioranza parlamentare con dentro Scelta Civica, ALA e Alfano e fare i conti, finalmente, con la minoranza del PD.
Eppure per queste mosse, che sembrano di fioretto ma decidono le nostre sorti più dei mercati, serve tempo, tempo che nessuno sembra avere ma di cui tutti, in fondo, hanno bisogno. Le pressioni per le elezioni di Lega e M5S sembrano, agli occhi di tutti gli osservatori, quelle di chi vuole capitalizzare subito il risultato elettorale oppure, malignamente, di chi vuole continuare a urlare i propri slogan, sicuro di non essere ascoltato dal diretto interessato, e nel frattempo prendere tempo, raccogliere consensi contro il governo fotocopia, rinserrare i ranghi e magari trovare una soluzione unica, con un leader vero nella variegata galassia dell’opposizione.
Renzi, dal canto suo, per i motivi sopra richiamati ha bisogno di continuare a essere segretario del partito per confermarsi all’opposizione. Il centro-destra deve capire chi vuole come leader o a chi allearsi. La minoranza PD e ciò che resta della sinistra e ha bisogno di capire cosa vuole fare da grande e soprattutto su cosa puntare. In tutto questo si aggiunga che un’eventuale nuova legge elettorale introduce componenti aleatorie nella determinazione della scelta delle alleanze e del leader.
Intanto, da cittadini, quello che abbiamo è un primo appuntamento a gennaio, data in cui finalmente la Consulta ci dirà come aggiustare la legge elettorale, il tempo necessario per capire chi/come/quando/perché approvarne una nuova, il tempo dei comizi elettorali, il tempo delle elezioni.
Intanto, da cittadini, si rischia di perdere tempo prezioso nelle liturgie di crisi elettorali, rimpasti di ministri, passaggi di consegne, decreti legge in scadenza da approvare subito. Ma, attenzione, la colpa non è del sistema, almeno non questa volta. La colpa è di chi quando vince o quando perde non si assume mai la responsabilità di far sì che il sistema Stato e l’attività legislativa e, da ultimo, le istanze dei cittadini, non finiscano per l’ennesima volta nel dimenticatoio.
Penna Bianca -ilmegafono.org
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