Nei pressi di corso Buenos Aires, a Milano, sorge un altro gioiello tardo rinascimentale. L’odierno recinto quadrangolare oggi composto da corso Buenos Aires, viale Vittorio Veneto, via del Lazzaretto e via San Gregorio corrisponde a quello che era il Lazzaretto, una istituzione ospedaliera milanese del Rinascimento voluta da Ludovico il Moro e realizzata da Lazzaro Palazzi (1488-1513).

Al centro di quest’enorme struttura c’era un piccolo tempietto. Questo tempietto, trasformato in periodo controriformista nella Chiesa ottagona di San Carlo al Lazzaretto (originariamente dedicata a San Gregorio), è l’ultima vestigia dell’intera struttura ospedaliera demolita attorno al 1880. Questa chiesa è attualmente chiusa per restauri e sembra che riaprirà al pubblico a dicembre 2016.

La sua struttura, a nostro avviso paragonabile al tempietto di Bramante a Roma, fu realizzata da Pellegrino Tibaldi su commissione di Carlo Borromeo, tra gli anni Ottanta e Novanta del Cinquecento. Essa era attorniata da un portico costituito da serliane affiancate tra loro che furono rese cieche al momento della demolizione dell’ospedale, alla fine del XIX secolo. Quest’operazione ha completamente snaturato l’originario respiro della struttura oramai chiusa in se stessa ma ancora simbolo di una Milano di cui si può oramai leggere solo sui libri. Vi lascio con le parole di Alessandro Manzoni che, nei Promessi Sposi, così la descriveva:

“La cappella ottangolare che sorge, elevata d’alcuni scalini, nel mezzo del lazzeretto, era, nella sua costruzione primitiva, aperta da tutti i lati, senz’altro sostegno che di pilastri e colonne, una fabbrica, per dir così, traforata: in ogni facciata un arco tra due intercolumni; dentro girava un portico intorno a quella che si direbbe più propriamente chiesa, non composta che d’otto archi, rispondenti a quelli delle facciate, con sopra una cupola; di maniera che l’altare eretto nel centro, poteva esser veduto da ogni finestra delle stanze del recinto, e quasi da ogni punto del campo. Ora, convertito l’edificio a tutt’altr’uso, i vani delle facciate son murati; ma l’antica ossatura, rimasta intatta, indica chiaramente l’antico stato, e l’antica ossatura” . (I promessi sposi, cap. XXXVI)

Angelo De Grande -ilmegafono.org