Questa settimana parliamo dell’avvenuto restauro e della riapertura al pubblico della chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore, a Milano. Sicuramente ne avete sentito già parlare in questi giorni o avete intravisto qualche foto sfogliando il vostro giornale. Si tratta di un gioiello del Rinascimento milanese, per questo soprannominato “la Cappella Sistina di Milano”.
In corso Magenta, a due passi dalla basilica di Sant’Ambrogio, altro gioiello milanese, sorge la chiesa di pertinenza del monastero benedettino di origine paleocristiana di San Maurizio. La chiesa è divisa in due parti da una imponente parete divisoria affrescata da Bernardino Luini, che ospita una pala d’altare raffigurante l’adorazione dei Magi del cremonese Antonio Campi. La parte più ampia della chiesa era riservata alle monache del monastero, mentre l’altra parte era chiamata “aula dei fedeli” ed era aperta al pubblico esterno.
Il vasto ciclo di affreschi che si trova al suo interno e che copre l’intera superficie muraria, è attribuito ad artisti di scuola leonardesca. La prima campagna di affreschi, iniziata durante il primo decennio del Cinquecento nell’aula claustrale, è attribuibile a più mani oggi non identificabili. Negli anni Venti del XVI secolo venne chiamato ad intervenire Bernardino Luini, il quale iniziò gli affreschi dell’aula dei fedeli. Dopo la morte di Bernardino nel 1532, i lavori di decorazione della chiesa restano in sospeso fino alla seconda metà del secolo, quando furono chiamati ad intervenire i suoi figli: Evangelista, Aurelio e Giovan Pietro Luini. Otre alla famiglia Luini, troviamo anche affreschi dei fratelli Biagio e Giuseppe Arcimboldi e di Simone Peterzano.
L’intera opera sembra sia stata commissionata dalla famiglia Sforza Bentivoglio. La figlia di Ippolita Sforza e Alessandro Bentivoglio, Alessandra, prese infatti i voti ed entrò a far parte proprio in questo monastero intorno al 1522.
Ancora una volta, quindi, bisogna sottolineare che Milano non è solo moda o, in questo periodo, Expo, ma anche arte e architettura di altissimo livello. È culla, come Firenze, Roma e Venezia, di un suo proprio Rinascimento del colore rosso del mattone, materiale povero che ha ispirato il genio di Filarete, Bramante e Leonardo.
Angelo De Grande -ilmegafono.org
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