Dopo la volgarità del linguaggio con cui si sta marchiando questa campagna elettorale, adesso si arriva a scomodare i morti. E i miti. Ossia quei personaggi politici di grande spessore che hanno sempre operato per il bene dell’Italia e della sua crescita democratica.
Tocca a Enrico Berlinguer adesso essere trascinato nella bagarre politica e (poco) culturale di questi giorni. Beppe Grillo, che nulla ha a che vedere con Berlinguer, si autoproclama il suo erede (o meglio assegna al suo Movimento questa eredità) e per farlo, oltre alle parole e ai concetti usati durante un comizio, si affida anche a una immagine evocativa, entrando sul palco in braccio a Di Battista, ricopiando così quella scena leggendaria nella quale l’ultimo grande segretario del Partito Comunista italiano veniva portato in braccio sul palco da Roberto Benigni. E, sia chiaro, nemmeno Di Battista è Benigni, né culturalmente né per storia.
Ora, prima che i grillini partano con il loro consueto ritornello di “servo del sistema”, “disinformato”, “venduto” e così via, mi affido semplicemente, anche se non ve ne sarebbe bisogno, a un passaggio che chiarisce uno dei tanti punti in cui l’idea e la storia di Berlinguer sono anni luce distanti dal Movimento 5 stelle che, indebitamente, se ne proclama erede, facendosi in questo aiutare dai giornali vicini (in primis Il Fatto Quotidiano del fiero Travaglio), che provano a far passare questa forzata similitudine attraverso qualche titolo a effetto su una intervista rilasciata dal segretario del Pci prima di morire (guarda qui).
Il passaggio a cui mi affido è quello sulla visione di Berlinguer, che era un uomo equilibrato e un alfiere della democrazia e non della distruzione o della delegittimazione delle istituzioni democratiche, sull’Europa. Sono parole di una intervista rilasciata a Critica marxista, nel 1984:
“Si parla ormai di fallimento della Comunità. C’è chi raccomanda di tornare indietro all’Europa delle patrie. Ma non è pensabile che la via d’uscita dalla crisi della Comunità europea possa consistere nel ripiegamento di ogni singolo stato sulla sua peculiare identità. Una frammentazione dell’Europa in Stati nazionali costituisce, contrariamente a quanto avvenne nel secolo scorso, un freno allo sviluppo, alla crescita della civiltà in Europa e anche alla crescita della civiltà su tutto il pianeta. L’Europa dei popoli e dei lavoratori è l’unica Europa possibile”.
Allora, solo per queste parole, oltre che per tante altre immense differenze, Grillo e chi scrive per lui dovrebbero evitare di sproloquiare e di paragonare ciò che è assolutamente imparagonabile. Che con la storia non si scherza. Si rischia di essere offensivi e blasfemi.
Commenti recenti