Da qualche anno a questa parte, in Umbria, la situazione legata allo spaccio di droga, e più in generale alle narcomafie, sembra abbia raggiunto livelli critici e molto pericolosi. Se fino ad oggi la regione è sempre apparsa immune da qualsiasi infiltrazione di tipo criminale e mafioso, in realtà pare sia giunto il momento di cambiare completamente prospettiva e prestare un’attenzione maggiore a problematiche talmente che risultano complesse e rischiose. Tutto ciò emerge dalla relazione della “Commissione regionale d’inchiesta sul traffico di droga e il fenomeno mafioso” presentata, in questi giorni, nel corso di un’audizione promossa dal questore Marcello D’Angelo. In parole povere, l’Umbria è diventata uno dei mercati più battuti d’Italia, nonostante il capoluogo Perugia non sia a tutti gli effetti “la capitale del narcotraffico”.
Secondo i relatori che hanno curato e pubblicato la relazione sul traffico di droga in Umbria, la regione avrebbe subito, nel corso degli ultimi anni, un importante incremento dello spaccio di droga di origine internazionale. “La droga, infatti, arriva in Umbria dallo scalo aeroportuale di Roma e dal porto di Napoli”, mentre i grossisti incaricati di rifornire ed alimentare questo mercato illecito provengono da diverse parti d’Europa e del Nord Africa e fanno parte di organizzazioni mafiose: i gruppi più consistenti sono quelli albanesi e tunisini, ma non mancano nemmeno i nigeriani. Queste organizzazioni internazionali, inoltre, hanno il totale controllo della distribuzione della droga e ovviamente non mancano i contatti con la criminalità organizzata italiana, soprattutto con i clan più importanti e “addetti” al narcotraffico.
Oltre alla droga, poi, bisogna registrare anche un notevole sfruttamento della prostituzione, un problema, questo, che affligge ancora oggi il Paese intero e che è fonte di guadagni enormi sia per la mafia italiana che per quella internazionale.
Ma come si è giunti a questo risultato e da cosa deriva la relazione appena citata? A quanto pare, secondo alcune indagini, nella regione Umbria si sarebbe registrato un aumento notevole di morti per cause legate all’uso di stupefacenti. Un dato che ha fatto riflettere notevolmente le autorità competenti e che ha portato alla realizzazione di numerose inchieste. Per fare un esempio pratico, basti riportare come nel 2012 vi siano stati 24 morti per overdose in tutta la regione e, cosa molto più importante, l’età media delle vittime si aggirerebbe tra i 30 e i 40 anni, a dimostrazione del fatto che l’alto tasso di studenti universitari a Perugia non è strettamente collegato al problema della droga. Insomma, un cambiamento è evidente ed è sotto gli occhi di tutti.
Nonostante il questore abbia precisato che non bisogna “enfatizzare” eccessivamente l’intero caso, è pur vero che le autorità, da oggi, avranno “il massimo livello di guardia” e che non saranno ammesse “sottovalutazioni”. Eppure l’esperienza ci insegna che non basta stare all’erta, ma al contrario c’è bisogno di concretezza e di evitare la superficialità. Una mossa concreta sarebbe quella proposta dalla stessa Commissione d’inchiesta promotrice della relazione, ovvero quella che prevede la realizzazione di una rete contro il narcotraffico.
Nella fattispecie, la Commissione consiglia, tra le tante cose, la realizzazione di una rete tra le diverse autorità straniere e italiane (per quanto riguarda queste ultime, ovviamente, ci si riferisce principalmente alla Direzione Distrettuale Antimafia), il rafforzamento della comunicazione tra i vari Dipartimenti della Regione e poi, per concludere, il coinvolgimento diretto dei giovani in uno degli ambiti sicuramente più spinosi e complessi che si possano affrontare, ma che proprio per tale ragione necessita dell’intervento spontaneo, forte e innovativo di menti fresche e pure che vogliano sconfiggere, una volta per tutte, questo male enorme che ci opprime.
Giovambattista Dato -ilmegafono.org
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