La Squadra Mobile di Caserta ha arrestato Antonio Schiavone, fratello del più celebre Francesco, detto Sandokan, boss dei casalesi. Insieme a lui vi sono altri due destinatari della medesima ordinanza di custodia cautelare, ovvero Francesco Bidognetti (altro storico boss della camorra) e il figlio Aniello, già detenuti. L’accusa per i tre è di omicidio aggravato dal metodo mafioso e per aver agevolato lo stesso clan dei casalesi.
In realtà, l’arresto di Antonio Schiavone non è altro che la conseguenza logica e diretta di un’operazione che dura da oltre vent’anni, cioè dall’omicidio di Aldo Scalzone, avvenuto nell’ottobre del 1991. Infatti, secondo gli inquirenti, Schiavone sarebbe stato colui che avrebbe consegnato il messaggio omicida al killer dell’imprenditore campano, un messaggio mandato dal fratello Francesco e dallo stesso Bidognetti, veri mandanti dell’omicidio. Un omicidio, quello di Scalzone, che rientrava e rientra in un contesto tipicamente mafioso quale è quello delle faide, delle lotte tra clan avversari.
Non deve sorprendere, d’altronde, che Scalzone fosse un uomo molto vicino ai clan De Falco-Quadrano-Caterino, e quindi acerrimo rivale degli Schiavone-Bidognetti. A distanza di vent’anni, quindi, le forze dell’ordine sono riuscite ad arrestare uno degli elementi più importanti del clan Schiavone, un elemento sicuramente molto vicino al boss Francesco e molto attivo all’interno della famiglia mafiosa.
L’arresto di Antonio Schiavone, avvenuto qualche giorno fa, si aggiunge così a quelli di altri elementi di spicco della criminalità organizzata campana coinvolti nell’omicidio dello stesso Scalzone e che, nel 2004, sono stati condannati dalla Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere: Giuseppe Diana e i fratelli Francesco e Walter Schiavone, per i quali è stata emessa la condanna all’ergastolo; e Franco Di Bona, al quale sono stati inflitti 13 anni di reclusione.
Ci troviamo così davanti all’ennesima importantissima operazione eseguita dalle forze dell’ordine campane. Certo, l’arresto di Schiavone non cambierà più di tanto la situazione in una delle zone più a rischio e martoriate del nostro Paese. La criminalità organizzata continuerà, purtroppo, a rigenerarsi e crescere, così come ha fatto e continua a fare da sempre.
Resta viva, però, l’idea che operazioni del genere, seppur a molti possano apparire “piccole” e insignificanti, facciano capire che lo Stato c’è e questo serve anche a risollevarci il morale, a credere ancora (e nonostante tutto) nella giustizia e nelle istituzioni. Viviamo in un periodo buio e di sfiducia ed è proprio di questi periodi bui che la mafia si nutre e si fa forte. Allora, consola e dà forza sapere che c’è ancora chi lotta e crede fortemente che laggiù, in fondo a questo tunnel buio e oscuro in cui viviamo e soffriamo, ci sia, effettivamente, un piccolo ma significativo spiraglio di luce fatto di legalità e giustizia.
Giovambattista Dato -ilmegafono.org
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