La mafia palermitana trema sotto i colpi inferti dai magistrati del capoluogo siciliano. La sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo ha infatti eseguito gli arresti di ben 3 esponenti della cosca di Villabate, piccolo centro nei pressi di Palermo. Ma c’è dell’altro. Oltre agli arresti, sono stati sequestrati beni per 12 milioni di euro, che indebolisce il potere economico della cosca. A sorprendere maggiormente gli inquirenti è stata la “consistenza” dei beni sequestrati: immobili, appezzamenti di terreni, conti correnti, agenzie di scommesse e persino tre cavalli da corsa. Insomma, con questa ennesima operazione si è riusciti non solo a limitare ancor di più il raggio di azione della cosca, ma persino l’ingente patrimonio che questa aveva acquisito.

E l’origine di tutto ciò non è certamente cosa nuova: gli inquirenti parlano di pizzo chiesto ai commercianti e agli imprenditori, oltre che di riciclaggio di denaro e investimento dello stesso in attività economiche legali. Ci troviamo di fronte all’ennesimo esempio di un modus operandi della criminalità organizzata che si è ormai consolidato all’interno della stessa, sebbene la magistratura lo abbia già scoperto da diverso tempo. Le cosche trovano nel pizzo e nel riciclaggio una fonte di denaro enorme e ciò le porta ad acquisire sempre più potere. Certo, tutto ciò non deve illudere: che le cosche si comportino quasi allo stesso modo non è cosa certa e men che meno facile da scoprire.

Il patrimonio accumulato dal clan di Villabate raggiunge una somma enorme e non può che essere il frutto di anni di sfruttamenti e attività tra la legalità e l’illegalità. Nonostante ciò, magistratura e forze dell’ordine avevano già sferrato un colpo alla stessa cosca nel 2009, anno in cui ebbe inizio l’indagine denominata Senza frontiereLa prima operazione portò all’arresto di 12 soggetti appartenenti al clan. Oggi, invece, tre anni dopo quel primo colpo, le forze dell’ordine sono riuscite ad arrestare, tra i tre citati prima, il nuovo reggente Giovanni D’Agati, al posto di comando del clan dopo l’arresto di Antonino e Nicola Mandalà.

Oltre al boss, sono finiti in manette i fratelli Maurizio e Davide Di Pieri. Resta da scoprire, adesso, come la cosca riuscirà a riattivarsi e se ciò sarà possibile. Quel che è certo è che questo nuovo colpo inferto dalla giustizia non può che creare delle profonde crepe in una associazione criminale che fa affidamento sul patrimonio economico (ed in questo caso si parla di una somma importante), oltre che sul controllo territoriale e strategico. Insomma, è ancora presto per cantar vittoria, ma a Villabate, questa volta, la criminalità organizzata ha perso un’importantissima battaglia.

Giovambattista Dato -ilmegafono.org