A due anni dal triste accaduto, il 5 settembre scorso è stato ricordato l’ex sindaco di Pollonica (SA), Angelo Vassallo, barbaramente ucciso da diversi colpi di pistola in un agguato di stampo camorristico. Diverse associazioni, tra cui una che porta proprio il suo nome, hanno ricordato la figura di un uomo per bene e giusto, amato dai cittadini a tal punto da aver ottenuto, per la quarta volta, la possibilità di guidare e gestire il proprio paese. Anche la politica si è mostrata vicina alla figura del sindaco: il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha manifestato la propria riconoscenza al fratello di Vassallo con una lettera pubblica in cui ne vengono esaltati il coraggio e i valori in cui proprio il primo cittadino di Pollonica credeva. Ma chi era Vassallo? Per quale motivo fu ucciso? Rispondere alla prima domanda è sicuramente semplice. Angelo Vassallo è stato uno dei pochi sindaci che ha combattuto aspramente contro l’illegalità, soprattutto nel settore dell’ambiente. È proprio grazie a lui che la ben nota Acciaroli, frazione di Pollonica, ha conseguito per diversi anni la famosa bandiera blu di Legambiente, confermando quanto egli avesse a cuore il “suo” mare.
Proprio questo riconoscimento ha fatto sì che i cittadini lo definissero un “sindaco-pescatore”, un uomo che amava la propria terra e, naturalmente, il mare in cui ha passato gran parte della propria vita. Sono tante e diverse le lotte che Vassallo ha portato avanti a favore dell’ambiente. Innanzitutto, ha più volte presentato una proposta (poi ratificata dall’Unesco due mesi dopo l’omicidio) di introdurre la dieta mediterranea tra i Patrimoni orali e immateriali dell’Umanità. Inoltre, lo stesso sindaco ha fatto parte della Comunità del parco, un’associazione a tutela del Parco nazionale del Cilento. Infine, ha sempre combattuto contro l’inciviltà locale che spesso ha deturpato la natura circostante in una delle zone d’Italia più belle sul piano paesaggistico. Il secondo quesito è tuttora aperto. Né la magistratura né le forze dell’ordine sono riuscite a scoprire il colpevole dell’omicidio, ma non c’è dubbio che dietro il terribile agguato ci sia lo zampino della camorra. È stata proprio la camorra ad aver visto in Vassallo un ostacolo da aggirare a tutti i costi, da abbattere con ogni mezzo. Perché i tentativi riusciti di salvare il porto di Acciaroli dall’illegalità e dalle infiltrazioni di clan quali i Nuvoletta, non deve essere passato inosservato.
Il tentativo di riportare alla civiltà un’area così bella, ma anche vittima di una criminalità prepotente e presente in maniera capillare, non è piaciuto ai “poteri forti” della zona, che hanno deciso di eliminare il problema. Le sentenze, ovviamente, spettano ai giudici, i processi sono fatti per questo e non resta che aspettare che il lavoro della magistratura si concluda nel migliore dei modi svelando i mandanti e gli esecutori del delitto; ma quando un uomo, specie se un sindaco (quindi rappresentazione diretta della democrazia e dell’intero Paese) perde la propria vita in un modo così brutale, non si può che pensare ad una cosa sola. È il paradosso della nostra cara e povera Italia. Il paradosso di una nazione che soffre la potenza della criminalità organizzata, un’espressione del potere che è ancor più forte di quello legale. È un paradosso, perché non si può morire per questo. Non si può morire per aver amato la natura, per averla rispettata e per aver combattuto chi voleva imporre la violenza. Ecco, Vassallo deve essere un esempio per chi ama la legalità e l’ambiente. Perché, come egli stesso disse, il “rispetto dell’ambiente e legalità” sono “le risorse del domani, per la costruzione di una nuova felicità e di una nuova economia”.
Giovambattista Dato -ilmegafono.org
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