Torniamo, dopo la pausa, proponendovi un cd uscito il 27 aprile scorso per l’etichetta ALKA Record Label. A scriverlo e suonarlo sono i Violassenzio, un gruppo ferrarese già uscito nel 2004 con “Il rock è postmoderno” e nel 2010 con “Andrà tutto bene…”. Cinque ragazzi ne fanno parte: Luca Lanzoni  (batteria), Enrico Cipollini (chitarra e piano), Fabio Cipollini (voce e chitarra), Luca Bonato (voce e basso) e Mattia Menegatti (chitarra, synth e voci). La maturità di questo gruppo si coglie subito al primo ascolto di “Nel Dominio”. Un’idea interessante e originale è il filo rosso di questo concept album. Si parte dalla costatazione dell’influenza che i numeri esercitano in un modo o nell’altro sugli aspetti della nostra vita. Il pensiero ci corre subito alla fastidiosa contabilità che certi media fanno per esempio delle morti e che, in queste pagine, abbiamo sottolineato più volte.

E allora all’insegna della riflessione inizia questo nostro viaggio all’interno di un album molto intelligente. Loquace sul senso complessivo di queste tracce è una frase del brano di attacco, la rapidissima Conto alla rovescia, con la sua “Ho visto numeri seppellire uomini” – parte di un ragionamento intorno alla numerologia sacra del cattolicesimo – “ tre giorni nel sepolcro, sei creando il mondo, nove mesi nel suo grembo, dodici folli seguivano il vento”. Da qui, concetti che rimandano alla matematica ritornano spesso intrecciandosi con la vita dell’uomo. Immagini, riflessioni che sporcano la matematica di uomo, e l’uomo di matematica. Una dialettica quasi filosofica ma molto esplicita.

In quest’ottica ci sentiamo “Rinchiusi in una scatola” che noi stessi ci siamo costruiti come sovrastruttura. Chi vince? Il più potente e il più oscuro e quindi “che ogni numero sia/del regno la nuova via/ buttate la poesia/ godete la monarchia/ rinchiusi in una scatola”. Resa? Giammai, sembra che rispondano i Violassenzio con Nelle Fabbriche: “Mi han detto è giusto così….per me la libertà/non è una mensilità/nascono i numeri/morti alla fabbrica”. Le chitarre distorcono mentre la batteria fa da contrappunto a quello che emerge come un rock psichedelico con potenti incursioni progressive. Ma è l’energia che scatenano queste canzoni a esaltarci. Potenti, appassionate ma al contempo profonde e ragionate.

Su questo fertile terreno cresce una distorsione di chitarra che introduce una presa di posizione forte  pregna di poesia: “Amo chi sogna, della vita della gente han deciso sempre loro, indossando la cravatta per ridarsi un decoro, alle nostre dipendenze hanno ucciso la speranza, dov’è il suo nome in questo stato a metà?”. Perché non si distingue più la cifra dal suo valore. Bellissima, e ci permettiamo di eleggerla la nostra preferita, è Nel dominio pt. 1. Il testo è meraviglioso (“sei una data da scordare/sei la densità dell’odio/ sei l’ora della fuga/la camera d’albergo/sei la targa del rottame/i km che ci hai fatto/sei i colpi nel caricatore/sei il conto in banca”), una poesia di altissimo livello che nel contesto dell’album emerge con decisione.

Il disco si chiude con Solo nei sogni”, con una frase mozzata a metà: “Stella come va?/la luna ride forte di te?/dov’è la pietà?/se l’alba ti uccide ogni giorno che fa/sei lontana da qui/da uno stato così/sei”. “Siamo quello che vogliamo essere”, sembra essere allora il messaggio finale, perché ci sia una scelta, pure illogica, anzi magari lo fosse, per affermarci e dire di starci in questo mondo non come comparse ma come attori. “Nel dominio” e un vero e proprio concept album di quelli di cui ormai si è perso traccia. Bellissimo e umano, con le sue paure e la definizione dell’imperfezione. Geniale nella scelta di un tema mai toccato con tanta poesia e tanta rabbia. Ma  attenzione, perché qui non si fa del rock fine a se stesso, qui si mischiano gli strumenti per un grido sociale che sa farsi musica e pace di riflessione (Piano e solo).

Penna Bianca –ilmegafono.org