Macerata non è una città abituata a finire nelle cronache. Molto probabilmente non era nemmeno tra le città considerate dall’antiterrorismo come potenziale obiettivo. Macerata, invece, un sabato mattina è diventata come Londra o Parigi, sconvolta dagli spari di un terrorista che aveva progettato tutto. Non un pazzo, non uno psicopatico come qualcuno comodamente vuole far credere, ma semplicemente un terrorista. Questa volta però la religione non c’entra nulla, non è stato uno dei tanti soldati dell’Isis sparsi per il mondo a impugnare un’arma e attraversare la città in auto sparando contro degli innocenti. Questa volta è stato un italiano, fascista e leghista, animato da un razzismo radicato, agghiacciante, consapevole.

Si chiama terrorismo e andrebbe condannato e punito con la stessa vigorosa ondata di indignazione che segue a ogni attentato di questo tipo. Ma purtroppo non possiamo aspettarci molto da una classe politica e da un Paese abituati a classificare e valutare i reati in base all’etnia di chi li commette e non in base alla legge. Il clima da far west politico aizza la violenza e ci mette tutti in pericolo. E il pericolo non sono gli immigrati, ma sono i violenti, gli esseri umani di qualsiasi colore o razza e la brutalità che questa epoca suggerisce e fomenta. Ecco perché è ignobile il dibattito attorno ai fatti di Macerata.

Ignobile considerare gli stranieri colpevoli, solo perché uno di loro ha commesso un atto terribile, così come sono incommentabili le reazioni di Salvini e Meloni che individuano cause esterne, come la presunta (e smentita da tutti i dati) invasione dei migranti o il presunto pericolo che essi produrrebbero sulla sicurezza. Ancora più ignobili sono i camerati di Forza Nuova che parlano di patriottismo e si offrono di pagare le spese legali a questo criminale che non mostra alcun segno di squilibrio o di pentimento. Ma non sono meno gravi le parole usate da Berlusconi, il quale parla di espulsione di 600mila migranti, né quelle di Del Rio o di altri esponenti del Pd che replicano che le espulsioni di massa hanno un costo, in poche parole sono economicamente sconvenienti. Economicamente, mi raccomando, non sia mai che si parli di umanità o giustizia.

Né sono meno vomitevoli le frasi di Marco Minniti che afferma che il blocco degli sbarchi da lui voluto (che ha portato a torture e morte in Libia per migliaia di migranti) era legato proprio alla paura che la presenza di più immigrati potesse far scattare reazioni simili. Per il ministro dell’orrore, dunque, la colpa è dei migranti, delle vittime e non del fascista che attenta alla vita altrui. Lo show, insomma, è di quelli orribili e lascia il segno. Come lascia il segno la totale mancanza di solidarietà, politica e mediatica, nei confronti delle vittime dell’attentato. Lasciate sole per giorni negli ospedali, senza una visita ufficiale, senza che qualcuno si recasse da loro a far sentire la vicinanza di quella parte di Italia che non è razzista né fascista. La maggior parte non ci è andata, qualcuno ci ha pensato tre o quattro giorni prima di decidere di andare.

Perché guai a stringere la mano ai feriti durante una campagna elettorale basata sulla criminalizzazione dei migranti e sulla banalizzazione delle responsabilità politiche di certi orrori siglati sulla loro pelle. Da Macerata, l’unico messaggio che la politica e gran parte della stampa sono riusciti a produrre è che la responsabilità è delle vittime. Dei migranti. Di tutti loro. Colpevoli di esistere, di scappare da fame e guerra, di farsi vedere in giro, di avere la pelle di colore diverso. Un po’ come se al Bataclan fosse stata colpa di chi era a teatro o se a Las Vegas i colpevoli fossero stati coloro che avevano deciso di andare al concerto.

Di Macerata si è parlato tanto. Sui social, come sempre, è emerso il peggio, con la solita attribuzione etnica di un certo tipo di crudeltà, dimenticando quello di cui ogni uomo, di qualsiasi cultura, è capace. Siamo alle solite. La violenza in Italia, anche quando è identica, assume un valore diverso a seconda di chi la compie. Non è una novità purtroppo e fa comodo a chi sta costruendo il proprio consenso su una paura irrazionale e paventando rischi sicurezza in un Paese che, nella realtà dei dati, vede drasticamente ridotto il numero di reati annui. Quelli che invece crescono, e non sempre sono denunciati, sono gli episodi di intolleranza, le violenze a sfondo razziale o politico, le aggressioni di stampo neofascista. Ma quelle contano poco per i cultori della sicurezza a marchio elettorale.

E poi c’è la mafia, anzi ci sono le mafie che controllano questo Paese, che ne condizionano economia e crescita, che inquinano istituzioni, imprenditoria, gestione dei servizi pubblici, controllano intere porzioni di territorio, minacciano, uccidono, avvelenano terre e cittadini. Ma di mafia non si parla in questa campagna elettorale.

Ecco, allora, forse c’è una cosa che non è stata fatta in questa lunga settimana di commenti su Macerata: proporre ai fascisti e alle loro schiere del terrore e ai leghisti loro simpatizzanti, una sfida. Invece di andare a sparare a migranti innocenti che camminano per strada o di prendervela, come dite, solo con gli spacciatori, che sono l’ultima ruota del carro utile a chi fornisce la “roba” che vi sparate in corpo e nel cervello durante i vostri concerti nazi-rock o nelle feste private, perché non andate in massa nei quartieri e nei palazzi nei quali i boss e le famiglie mafiose comandano, gestiscono, costruiscono illegalità contro lo Stato, producono, ordinano e distribuiscono droghe di ogni genere?

Perché non affrontate i veri nemici di questo Stato che dite di amare e per il quale vi sentite patrioti (compresi i leghisti che sulla nazione ci hanno urinato sopra)? Perché non liberate i quartieri nei quali le mafie comandano? Esistono le mappe dei luoghi controllati dai clan, persino i nomi delle vie, se volete. Come mai non andate a marciare davanti alle case dei boss e degli affiliati? Come mai non vi schierate contro i veri criminali che rubano il futuro a questo Paese?

La verità, come la storia italiana e altri fatti molto recenti ci insegnano, è che gli estremisti di destra sono fatti della stessa pasta e, storicamente, con le mafie hanno avuto spesso un rapporto cordiale, se non addirittura promiscuo in certi casi. La verità è che il fascismo e il razzismo sono le espressioni del vero pericolo per la sicurezza di una nazione. La colpa, di fronte a questo pericolo, è della debolezza irresponsabile della politica che rimane inerme e non prende coscienza dell’esistenza di un allarme concreto: non l’immigrazione, come sostengono, amplificati da organi di stampa che andrebbero messi al bando, ma la libertà di fascismo (un ossimoro osceno) e il razzismo dilagante.

La storia non ci ha insegnato nulla. E nulla, purtroppo, continuerà ad insegnare a un popolo senza memoria. Malgrado a Macerata la nostra memoria sia tornata indietro. Di quasi un secolo.

Massimiliano Perna -ilmegafono.org