Il caso della bagarre sullo Ius soli al Senato non è una questione di immagine o di decoro. È innanzitutto una questione di diritto. Che è ben più importante. Pertanto, soprassediamo sulla ennesima pessima figura che il nostro parlamento ha fatto agli occhi del mondo, con i soliti cartelli levati al cielo, la solita rissa, le spinte, i feriti. Non parliamo più della maleducazione e dell’allergia alla democrazia di alcune forze politiche. Faremmo il loro gioco, ossia quello di distogliere l’attenzione sul resto. Cioè sul fatto che in questo Paese, da oltre due anni, abbiamo una legge sacrosanta e giusta che è impantanata in Senato.

Allora, chiediamoci piuttosto chi ha paura dello Ius soli. Chi ha paura di dare riconoscimento a quei bambini nati o cresciuti nel suolo italiano e costretti attualmente a fare i conti con una voragine giuridica e con la minaccia di dover lasciare la nazione nella quale vivono, studiano, hanno amici e relazioni? Sicuramente ad aver più paura sono quelle forze che utilizzano strumentalmente quello che è un atto di civiltà presentandolo come qualcosa che lede i diritti degli “italiani”.

La solita storia del “loro” contro “noi”. Che poi, in realtà, in questo caso sarebbe noi contro noi stessi. Perché le seconde generazioni sono composte da cittadini italiani de facto, ai quali però si lascia un vuoto di diritto che è umiliante. Quasi fosse un marchio, un segno di distinzione fra chi è DOC e chi non lo è. Un po’ come se al nord, ad esempio in Lombardia, un italiano figlio di genitori originari del meridione non potesse essere pienamente cittadino, perché, nonostante parli con accento lombardo, la sua origine familiare non è di quel luogo. Praticamente il Nord e l’Italia non esisterebbero più e anche l’economia di questo Paese sarebbe diversa e molto più fragile.

Lega, 5 Stelle e neofascisti, uniti come sempre sui temi legati all’immigrazione per poter solleticare gli istinti reazionari dei propri elettori, si oppongono con forza, perché considerano eccessivo e offensivo il riconoscimento di questo diritto, presentato da loro come una non priorità rispetto ai problemi degli italiani “puri” o come una lesione dei diritti della popolazione autoctona o persino come una opera di “bastardizzazione” della patria (quella stessa patria che queste forze politiche oltraggiano ogni giorno).

Concetti paurosi, indecenti, stolidi, partoriti da menti farneticanti che hanno scelto di puntare tutto sulla demonizzazione dei migranti, anche di quelli che migranti non sono, essendo nati sul nostro suolo e avendovi vissuto quotidianamente sin dalla nascita o dall’infanzia. La verità è sempre e solo una: si è puntato tutto sul linguaggio xenofobo e ora che il consenso generale verso questo linguaggio cresce, bisogna per forza tenere il punto su tutto ciò che possa richiamarne i codici. Così si sceglie di opporsi a un provvedimento che sanerebbe una condizione di assoluta ingiustizia, garantendo piena cittadinanza a chi ha un percorso di vita e di formazione nel nostro Paese.

Una garanzia di cui godrebbero anche i minori arrivati in Italia prima dei 12 anni, a patto che frequentino e completino un ciclo quinquennale di formazione (cosiddetto Ius culturae). L’obiettivo è di creare dunque una cittadinanza che goda dei diritti che le spettano e che sia vincolata a un percorso di istruzione obbligatoria. Insomma, un progetto ad ampio raggio finalizzato a “costruire” cittadini consapevoli, istruiti, ben integrati. Un atto di buon senso e di civiltà che avrebbe dovuto essere già legge e che invece adesso spaventa la classe politica di questo Paese, se è vero che si è scelto, anche da parte del governo, di rinviare il voto al post ballottaggi, per paura che il dibattito sullo Ius soli possa determinare perdite di consensi.

Siamo al ridicolo. La politica ha completamente rinunciato a svolgere il proprio ruolo morale, educativo, di guida dello Stato verso il progresso e la crescita collettiva. La politica oggi segue solo i sondaggi e asseconda i peggiori istinti del popolo. Tutto in nome di numeri, consenso, strategie “commerciali” da vecchi bottegai. Invece di porre la fiducia e andare subito al voto, respingendo gli assalti delle forze xenofobe e umiliando la ridicola protesta di Casa Pound all’esterno, si sceglie di rinviare. Sarà la mia scarsa predisposizione all’attività parlamentare, ma personalmente non ne capisco davvero la ragione.

Lo Ius soli è un diritto da riconoscere da molti anni e ogni giorno di ritardo è un giorno in più di vergogna e di inciviltà. Perché non può essere definito civile un Paese nel quale si rifiuta la cittadinanza a un neonato o a un minore solo perché figlio di genitori non italiani al 100% (che però il fisco considera italianissimi, visto che pagano le tasse come tutti) e poi si consente cittadinanza attiva a chi inneggia alla Padania e sputa sul tricolore o a chi sfila con simboli e slogan vietati dalla Costituzione e commemora chi ha combattuto contro la nascita della nostra democrazia.

Cosa accadrà adesso? Se le elezioni andassero male per le forze al governo che fine farà lo Ius soli? Il Pd assicura che diverrà legge e che sarà posta la fiducia. Ma tra quello che si promette e quello che si fa c’è un abisso infinito e pieno di insidie. Soprattutto se parliamo di un disegno di legge che da più di due anni è bloccato e attende di essere trasformato in legge dello Stato.

Massimiliano Perna -ilmegafono.org