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“Io non tifo per il ‘tanto peggio tanto meglio’: per me ottanta euro in più in busta paga sono una buona notizia, soprattutto se dopo gli annunci seguiranno fatti e coperture concrete. Ma non basta: bisogna occuparsi anche delle pensioni, degli esodati, di tutto quel mondo della precarietà che una busta paga non sa nemmeno cosa sia”. Nichi Vendola

Bravo Vendola, davvero. Non si smentisce. Da un lato giustamente segnala che bisogna occuparsi della precarietà e del mondo del lavoro escluso dal governo, anzi dai governi; dall’altro, però, si perde, come sempre, affermando semplicemente che gli ottanta euro miserabili che Renzi ha solo annunciato (perché prima di maggio non se ne parla) sono una buona notizia.

Si sceglie cioè una formula di comunicazione morbida, nella quale la questione  fondamentale delle coperture concrete è sottolineata in maniera sottile. Non si ha il coraggio di denunciare che questi soldi sono solo un annuncio e soprattutto sono fumo negli occhi, visto che forse arriveranno solo dopo le elezioni europee (a maggio appunto), quando magari si deciderà davvero se concederli in base ai risultati ottenuti e ai rapporti di forza. Della serie: se vuoi gli ottanta euro devi darmi il voto e farmi ottenere un risultato convincente e compatto. Altrimenti si rimette in discussione tutto.

Capisco che, dopo la vergognosa figura sul caso Ilva, si fa fatica ad alzare la voce e impartire lezioni, ma visto che si fa ancora parte della scena politica, considerato che in questa politica personalizzata si mantiene il consenso dei propri seguaci, i quali continuano ad aver fiducia in un leader e a difenderlo a morte nonostante tutto, allora che si alzi la voce e si tenga lo sguardo dritto. Che si faccia un po’ di sinistra, insomma, se si è ancora capaci di farlo. Senza avere paura di disturbare o di incrinare rapporti.

Perché questo atteggiamento tipico del maestro Bertinotti lo abbiamo già pagato più volte. E sinceramente, non credo di essere l’unico stanco di parolai inconsistenti, bravissimi nell’ars oratoria e poi penosi nei fatti. Così come siamo stanchi dei furbi alla Civati, che giocano a fare quelli di rottura, ma poi ondeggiano e rientrano nei ranghi con la scusa della fedeltà a un partito nel quale non riescono a farsi spazio. 

Adesso c’è la novità Tsipras. Non so dove porterà questa nuova passione per lui e il suo movimento, anche se le prime scintille instillano qualche dubbio, quello che so è che siamo un Paese senza sinistra, quella vera che non vive di passato ma nemmeno lo dimentica e nega. Ne sono convinto e la prova che ci siamo arresi al pantano delle idee sta proprio nell’esserci affidati a un leader d’importazione.