“Questo è Corleone?”, “Sì, qui il male è radicato dentro. Ma anche il dolore è grande”. “Ed è per questo che voi pregate?”. “Noi preghiamo e digiuniamo. Prima o poi Dio verrà ad ascoltare le nostre suppliche”. È questo uno dei dialoghi di “Biagio”, film del 2014 diretto da Pasquale Scimeca, ispirato alla vita del missionario palermitano Biagio Conte. Proprio a Corleone, terra in cui Fra Biagio ha pregato e digiunato, ma patria dei boss mafiosi Totò Riina e Bernardo Provenzano, ma patria anche di un sindacalista socialista come Placido Rizzotto, assassinato da cosa nostra nel 1948, la sera del 7 settembre scorso è stato inaugurato il museo “NOma – Luoghi e storie NOmafia”, ideato dall’associazione Sulle nostre gambe.
Si tratta di un’installazione interattiva e immersiva realizzata da Plesh, realtà specializzata nel settore e nello sviluppo di app e software per eventi interattivi e partecipativi, e ha lo scopo di mantenere vivo il ricordo di chi ha dato la vita lottando contro le mafie, l’omertà e la “cultura mafiosa”. Riportare alla memoria i caduti, dunque, con l’uso delle moderne tecnologie per raggiungere le generazioni più giovani, ma, anche, riappropriarsi di un territorio che non può solo essere male radicato, ma anche comunità solida che ha maturato, negli anni, una realtà antimafia decisa a opporsi ai comportamenti criminali, infidi, ambigui, strisciati della criminalità organizzata di stampo mafioso.
Tra i fondatori dell’associazione “Sulle nostre gambe”, oltre a Pif, anche Emanuela Giuliano, figlia di Boris, ex capo della Mobile di Palermo assassinato da cosa nostra, e Roberta Iannì, figlia di Carmelo, imprenditore, anch’egli ucciso dalla mafia. All’interno del museo NOma, vi sono tante voci che, partendo da un’idea di Pif, hanno costituito un cast d’eccezione, con personaggi tutti siciliani, tutti profondamente legati a quest’isola-continente: da Ficarra e Picone a Teresa Mannino, da Pippo Baudo a Francesco Scianna, da Nino Frassica a Leo Gullotta, da Isabella Ragonese a Giuseppe Tornatore, da Paolo Briguglia a Donatella Finocchiaro, da Luigi Lo Cascio a Beppe Fiorello. Voci che hanno fatto parlare chi, oggi, non ha più voce: Paolo Borsellino, Giovanni Falcone, Piersanti Mattarella, Boris Giuliano, Rocco Chinnici, Carmelo Iannì, Mauro De Mauro, Cesare Terranova, don Pino Puglisi, Antonino Agostino, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Mario Francese, Giuseppe Montana, Libero Grassi, Paolo Giaccone, Pietro Scaglione, Ninni Cassarà, Pio La Torre, Calogero Zucchetto, Filadelfo Aparo, Peppino Impastato, Gaetano Costa.
Una grande stanza buia, tre grandi pareti interattive, voci narranti. Una sala museale è dedicata ai “Picciriddri”, dove una galleria di 18 illustrazioni originali, realizzate da Martina Ponente, narrano le storie dei bambini uccisi dalle mafie. Non solo installazione multimediale immersiva e interattiva ma, attraverso il progetto iART FIVAS, anche nuovi percorsi di rigenerazione artistica con 32 artisti muralisti, tra i più importanti della street art, provenienti da nove Paesi: Italia, Uruguay, Portogallo, Argentina, Serbia, Spagna, Canada, Germania e Stati Uniti. Insieme hanno dato vita ad un intervento che ha permesso la riqualificazione urbana delle periferie dei comuni dell’area interna di Ficuzza e della valle del Sosio. Le opere, i murales, raffigurano elementi identitari dei luoghi, si ispirano a scene di film importanti, molti dei quali vincitori del premio Oscar (“Nuovo Cinema Paradiso” di Tornatore, “È arrivata la felicità”, “Accade una notte”, “L’eterna illusione” di Frank Capra).
Il male radicato dentro, soprattutto dopo le stragi del 1992, ha preso, lentamente, il posto di una graduale costruzione di un nuovo modo di vedere la realtà, il territorio, la vita. E se, come scrive Roberto Saviano, “Corleone, in confronto a Casal di Principe, è una città progettata da Walt Disney”, non consola affatto. Tanto è stato fatto, tanto ancora, speriamo, si farà. Contro tutte le mafie, che della cultura hanno terrore, perché, come scriveva Antonino Caponnetto, “la mafia teme la scuola più della giustizia, l’istruzione toglie erba sotto i piedi della cultura mafiosa”.
Vincenzo Lalomia -ilmegafono.org
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